Drammatico

IL BUCO IN TESTA

TRAMA

Maria Serra non ha mai conosciuto suo padre, giovanissimo poliziotto ucciso a Milano quarant’anni prima da un militante di estrema sinistra neomaggiorenne, che per la prima volta in vita sua si era ritrovato in mano una pistola. Decide finalmente di incontrare l’uomo che tanto dolore ha procurato a lei e a sua madre, l’uomo che nel frattempo ha scontato la pena. Maria, che vive in Campania da sempre, prende un treno diretto a Milano. Ha cambiato taglio e colore dei capelli, è armata…

RECENSIONI

Un treno che arriva alla stazione di Milano Centrale come fosse cinema delle origini, come fosse una creazione dei Lumière; ed è a loro infatti (e a Gianni Minervini, storico produttore) che Antonio Capuano dedica Il buco in testa. C'è una storia vera alla base di questo film, uno di quegli episodi che nella Storia si incuneano ma si perdono. Capuano la scopre da un'intervista radiofonica e prende il telefono. «Se non raccontiamo queste cose al cinema a che ci serve il cinema?» chiede ad Antonia Custra, figlia di Antonio, III Reparto Celere, colpito a morte a 25 anni  nel 1977 a Milano, durante una manifestazione di estrema sinistra, dal ventunenne Mario Ferrandi del collettivo "Rosso", in seno ad Autonomia Operaia. Antonia nasce poco tempo dopo la scomparsa di suo padre. Nel 2007 la donna parte in treno dalla Campania per Milano, vuole conoscere Ferrandi. «Ho visto una persona, un individuo. Mi sono sorpresa a pensare questo, e non che avevo davanti l'assassino di papà». Dieci anni dopo, Antonia muore a causa di una malattia.

Capuano, classe 1940, esordiente al cinema a 51 anni con Vito e gli altri, prende in mano questa storia, cambia i nomi, le traiettorie, le corrispondenze, ma non la sostanza, non il senso. E il suo cinema compie un'altra inaspettata torsione, dopo il liberatorio autoaffondamento con Achille Tarallo, film di sfrontatezza e fiuto quasi ferreriani, meravigliosamente fallimentare. Il buco in testa smargina il racconto in un film politico che guarda a Bellocchio e lo tradisce, che guarda al cinema dello stesso Capuano e lo fa deragliare, che inventa incubi in bianco e nero e scarpe rosse, che rende il realismo oggetto occasionale, un oggetto tra gli altri. Un film che incrocia gli occhi ("pungenti" le dirà qualcuno), il corpo, il sentimento - imprevedibili, imprendibili - della sua protagonista Maria Serra (Teresa Saponangelo). E lo sguardo di Capuano è lì, perché è lì che ama essere, in mezzo alle cose, anche se è uno sguardo che divide il tempo, anche se sembra adottare una misura, ma se lo fa è perché questa possa contenere il suo rovesciamento, perché possa essere violata, lucidamente manipolata, perché possa restare infine sconosciuta. È un film nel segno dei Lumière perché è opera in movimento, in treno, tra Torre del Greco, Napoli e Milano, movimento che si infila nel tempo, che si instaura nei percorsi del cuore di Maria. Una protagonista che all'inizio guarda e parla in macchina e poi se ne dimentica, che non sa inventarsi l'amore, che è forma mutevole principale del film, perché cambia, perché in realtà sembra essere fatta di tanti personaggi, di tante vite, persino di lingue diverse, come figura  indissolubilmente appartenente e disappartenente al racconto.

È in fondo, Il buco in testa, un documentario su Teresa Saponangelo (che peraltro ha perso suo padre quando aveva due anni), tra i migliori interpreti  - ma non tra i più quotati - del nostro cinema, come sono documentari tutti i film di finzione di Capuano. È un film che guarda a un capitolo della Storia italiana e lo mette in cortocircuito con il presente; che sintetizza l'individuale e il collettivo, persino con anarchica levità, con libera severità e squilibri necessari annessi. Perché Capuano non è regista da verità compilative, ma autore di relazioni, di figure, di spazi da ritrovare. Da inventare. Lavora sul politico e ne fa immaginario; racconta il dolore privato e trova lo smarrimento di una nazione. È un'opera forse non riconciliata, dolorosa e ferita, ma anche e soprattutto un film sul perdono, un film tenero, generoso, un atto d'amore.