COSA IL PUBBLICO HA VISTO
Sezione per questo trimestre un po’ povera di materia prima, perché sono stati pochi i titoli in grado di attirare il pubblico nelle sale. Come si può chiaramente evincere, decisamente monotono il panorama: film americani di supereroi o derivanti da brand spremuti all’inverosimile. Del dominatore del trimestre, Pirati dei Caraibi – La vendetta di Salazar, abbiamo già parlato analizzando la top-10 stagionale. Gli altri titoli sono quelli con un incasso dai 2 agli otto milioni di euro. Tra parentesi, come al solito, è indicata la data di uscita in Italia.
Spider-Man: Homecoming (6/7) – € 7.790.370
Guardiani della galassia Vol. 2 (25/4) – € 7.365.638
Baby Boss (20/4) – € 7.022.719
Transformers – L’ultimo cavaliere (22/6) – € 4.736.452
La mummia (8/6) – € 4.549.859
Wonder Woman (1/6) . € 3.438.787
The War – Il pianeta delle scimmie (13/7) – € 3.190.462
Alien: Covenant (11/5) – € 2.568.963
La tenerezza (24/4) – € 2.217.357
The Circle (27/4) – € 2.119.284
Baywatch (1/6) – € 2.083.611
Vasco Modena Park – 01.07.17 Live – EVENTO – € 702.370
Spider-Man: Homecoming ha salvato l’estate consentendo al mese di luglio di chiudere in attivo. Risultato sperato ma non così scontato. Un po’ perché il genere supereroi ha un impatto minore nel nostro paese rispetto ad altri mercati, ma anche perché con il calo di presenze registrato in maggio e giugno si temeva che nulla fosse in grado di destare lo spettatore italico dal suo torpore. Invece è andata diversamente. Il film parte subito bene (632 mila euro il primo giorno di programmazione), ma l’assenza di concorrenza gli permette di reggere per tutto il mese e anche oltre, finendo per non distanziarsi troppo dal precedente The Amazing Spider-Man 2 – Il potere di Electro che aveva chiuso la sua corsa poco sopra i 9 milioni di euro (uscendo però a fine aprile, quindi in un periodo tendenzialmente più remunerativo). Certo, i 19 milioni di euro dello Spider-man 2 di Sam Raimi sono lontani, ma è pur vero che non di solo Spider-man vive lo spettatore, perlomeno nel nostro paese, perché in America il film, a sfruttamento ancora in corso, ha già superato i 300 milioni di dollari. Poi manca ancora all’appello la Cina, in cui il film arriverà a settembre, quindi la sua strada è ancora lunga e costellata di altri milioni di dollari. In ogni caso, è già in fase di lavorazione il secondo capitolo (il sequel del secondo reboot, quindi), la cui uscita è prevista per maggio 2019. Da segnalare che nel nostro paese il film di Jon Watts raggiunge la posizione numero 10 del box-office annuale del 2017 scalzando Guardiani della galassia Vol. 2.
Il film di James Gunn, sul gruppo più scalcagnato di supereroi, si può comunque consolare perché migliora notevolmente i numeri rispetto ai 5,6 milioni di euro del primo volume. Ed è così in tutto il mondo: 862 contro 773,32 milioni di dollari, a dimostrazione di un primo capitolo che ha evidentemente entusiasmato proseguendo la sua corsa anche fuori dalla sala cinematografica su altri canali di sfruttamento, allargando così la già nutrita fan base. Da segnalare, in Italia, l’ottimo debutto, il 25 aprile, con 1,2 milioni di euro, chiaro segno della solidità commerciale del film, evidentemente (e ciò resta per me un mistero) molto atteso.
Di saga in saga, tanto per capire l’aria (asfittica) che tira, passiamo ai Transformers, altro mistero della fede. In Italia non hanno mai attecchito del tutto, ma i quattro film precedenti si sono comunque mantenuti tra i 7,9 milioni di euro del primo capitolo e gli 8,6 del terzo e del quarto. Nel mondo, invece, il terzo e il quarto capitolo hanno addirittura superato il muro dei 1.100 milioni di dollari. In ogni caso, complice anche la stroncatura unanime della critica, Transformers – L’ultimo cavaliere è il punto più basso della saga. L’accoglienza è particolarmente tiepida negli U.S.A (solo 130 milioni di dollari contro i 245 milioni di dollari del quarto capitolo, finora il più basso), ma il resto del mondo incide sul totale di 598 milioni di dollari nella misura del 78,3%. E lo sfruttamento non è ancora terminato. Vero è che senza i 229 milioni di dollari della Cina, questa volta, a causa del budget mostruoso (217 milioni di dollari), i conti non sarebbero tornati.
Subisce invece un vero e proprio linciaggio mediatico il povero Tom Cruise con La mummia. Ok, non parliamo di un capolavoro, e il film ha le sue falle evidenti, ma di un popcorn movie per il periodo estivo che si propone come fine quello di intrattenere e distrarre dalla calura. Invece prima ancora della sua uscita viene massacrato dalla critica e bollato come flop, tesi più volte rimarcata, sia in rete che ovunque. Le cose stanno diversamente. A fronte di un budget dichiarato di 125 milioni di dollari, infatti, l’incasso globale è stato di 405 milioni di dollari. Non si capisce bene perché solo per La mummia si aggiungano costi per il marketing spropositati (100 e passa milioni di dollari) in modo da non far quadrare i conti. Se così fosse i flop sarebbero la maggioranza. Vero è che le aspettative, soprattutto in America, erano di incassi maggiori, e gli 80 milioni di dollari raccolti sono un po’ pochini per un film con il baldo Tom uscito in 4.035 sale. Ma non è stato il flop che si urla in giro. Ancora una volta a fare la differenza è la Cina, perché senza i suoi 91,7 milioni di dollari raccolti la coperta sarebbe un bel po’ più strettina. In Italia si sperava che rivitalizzasse la morìa cinematografica estiva, ipotizzando un incasso tra i 7 e gli 8 milioni di euro, invece il film non entusiasma più di tanto e non viene premiato dal passaparola. 4,5 milioni di dollari, in piena canicola, è comunque un risultato lontano dall’entusiasmo ma certo da non sottovalutare. Cosa non ha funzionato? Beh, di sicuro parlarne non male ma malissimo non ha aiutato, ma la pecca maggiore è stata quella di costruire un giocattolone un po’ anonimo (forse troppo costruito sulla personalità di Cruise, poco affine ai brividi) che finisce per non avere un target di riferimento: gli adulti lo snobbano, le famiglie disertano (checche se ne dica non è un film adatto ai bambini) e gli adolescenti accorrono con moderazione, del resto sono abituati a ben altro parlando di horror. A questo punto la curiosità di vedere cosa succederà per gli altri mostri, già pianificati, del Dark Universe è grande. Ci sarà un cambio di traiettoria in grado di conferire al progetto anche un’anima?
Così come La Mummia non è sta monnezza, Wonder Woman non è sto capolavoro. Eppure la maggior parte della critica l’ha venduto come tale. Film piacevole e ben costruito, certo, ma il politically correct del femminismo connesso al progetto ha giocato un ruolo determinante. Era forse il film che ci voleva in America contro l’attuale amministrazione. Comunque sia il successo in patria è stato enorme. Il film di Patty Jenkins ha infatti sfondato il muro dei 400 milioni di dollari, a cui si aggiungono gli altri 400 milioni raccolti nel resto del mondo per un bottino finale in grado di ripagare ampiamente i 149 milioni di dollari del budget. In tutto questo entusiasmo l’Italia è il fanalino di coda, perché fanno meglio tutti gli altri mercati europei: Francia (17,3 milioni di dollari), Germania (9,1 milioni di dollari) e anche Spagna, a cui spesso veniamo assimilati per i confronti (8,5 milioni di dollari). Come mai? Beh, I supereroi sono una priorità soprattutto americana e il nostro paese ha quasi sempre risposto in modo più soft, poi forse c’è una sorta di saturazione del mercato in tal senso, per cui andare al cinema significa sempre più dover scegliere non tanto quale film, ma quale supereroe. L’estate 2017 ha offerto poco, e quel poco era prevalentemente a target adolescenziale, o comunque del genere “entro, mi frastorno ed esco!”. Quindi è comprensibile una certa diffidenza verso un prodotto che sembra solo la versione femminile di ciò da cui siamo costantemente bersagliati. E se invece fossimo una cultura più maschilista delle altre per cui i supereroi sono affari da uomini? Chissà, il dibattito è aperto!
Di saga in saga, delude anche la terza parte del brand Pianeta delle scimmie, con 323 milioni di dollari globali, soprattutto dopo i 710 milioni di dollari raccolti dal secondo capitolo (manca però ancora all’appello la Cina, dove arriverà a metà settembre). Finirà quindi in attivo, perché il budget di 150 milioni di dollari è già completamente ripagato. In Italia, The War fa meglio de L’alba del pianeta delle scimmie (3,2 milioni di euro), ma peggio di Apes Revolution (4,8 milioni di euro). Come mai tanta disaffezione, globale questa volta? A incidere è sicuramente il gradimento del capitolo precedente, molto visto ma evidentemente non così apprezzato. Ciò evidenzia una sempre maggiore disparità tra il riscontro critico (per Apes Revolution sono volati i “capolavoro!”) e il gradimento degli spettatori. E poi, come per i supereroi, non di sole scimmie vive lo spettatore, quindi vada per il reboot del reboot, ma addirittura una nuova saga. Non so voi, ma io sono già sceso dal carro e più sento gridare “capolavoro!” meno ho voglia di risalirci.
Dalla saga delle scimmie a quella degli alieni, anzi di Alien, con il sequel del prequel, cioè Alien: Covenant che prosegue sulla scia di Prometheus. Anche in questo caso, nonostante il film funzioni, un po’ di stanchezza è nell’aria ed è più che comprensibile che lo spettatore non fremi dalla voglia di abbandonare il divano di casa per inserirsi nell’ennesimo capitolo di un’altra neverending saga. In U.S.A. “solo” 74,3 milioni di dollari (meno del bistrattato Tom con La mummia), negli altri mercati 158,4 milioni di dollari, per un totale di 232,7 milioni di dollari in grado di ripagare il budget di 97 milioni di dollari. La Cina fa quel che può (46 milioni di dollari) e riesce ad aggiustare i conti, altrimenti in perdita. Anche in questo caso, come per i supereroi e come per le scimmie, non di solo Alien vive lo spettatore.
Nell’aria di revival che si respira mancano all’appello i film che traggono ispirazione dalle vecchie serie televisive. Tra questi Baywatch, che trasfigura la vita dei noti guardaspiaggia in una sorta di cinepanettone indigesto e tirato via, rifiutato sia dalla critica che dal pubblico. Nonostante l’unanime stroncatura, però, il progetto non viene del tutto ignorato e riesce comunque a portare a casa 177 milioni di dollari, sufficienti a coprire i costi (69 milioni di dollari). Operazione, quindi, artisticamente bocciatissima ma commercialmente in pari.
Solo due gli outsider: The Circle e La tenerezza.
Il primo, trasposizione non particolarmente riuscita dell’omonimo romanzo di Dave Eggers, in Italia funziona meglio che altrove, merito sia della combine Tom Hanks ed Emma Watson, entrambi molto amati nel nostro paese, che dell’ottimo lavoro promozionale svolto dalla Good Films che è riuscita a renderlo più interessante di quello che poi si rivela. Nonostante il cast altisonante si tratta di una produzione medio/piccola (budget 18 milioni di dollari) che ha avuto un riscontro complessivamente assai modesto: 20,5 milioni di dollari in America (con un’uscita in 3.163 sale) e solo 13,9 milioni di dollari nel resto del mondo. Il risultato italiano è uno dei migliori del mondo, poco sotto a Brasile (2,6 milioni di dollari) e Francia (2,7 milioni di dollari). Mancano ancora all’appello Germania e Giappone, in cui il film diretto da James Ponsoldt arriverà rispettivamente in settembre e novembre, e probabilmente sarà la svolta per andare almeno in pareggio.
Il secondo è invece l’unico film italiano capace di superare i 2 milioni di euro in questo finale di stagione, e quasi l’unico film italiano lanciato in primavera. Esce infatti lunedì 24 aprile, in tempo per sfruttare la festività del 25, e parte subito bene, con un incasso di 232,3 mila euro in quinta posizione. Il debutto al primo week-end è al sesto posto, posizione che mantiene anche alla settimana successiva, in cui perde solo il 34% degli incassi. Conclude la sua presenza in top-10 alla terza settimana (ottavo posto), ma resta in top-20 fino alla prima settimana di giugno e non scompare dalla programmazione, a causa anche dell’assenza di film italiani, fino alla fine del mese di luglio.
Da notare la presenza in questa classifica del cartone Dreamworks Baby Boss, uscito a fine aprile ma proposto nelle sale per tutta l’estate e in grado di tornare in top-10. Come mai una tenitura così lunga? Beh, uno dei maggiori errori distribuivi estivi è stato quello di proporre film diversi ma indirizzati allo stesso target di pubblico, gli adolescenti, dimenticando tutti gli altri, in primis le famiglie. Invece si sa, le famiglie risparmiano su tutto tranne che sui figli e molte coppie varcano la soglia della sala cinematografica solo quando accompagnano la prole. Tra l’altro si tratta di un film spumeggiante e ben costruito che fatica quindi ben poco a imporsi nel vuoto di proposte che affligge l’estate.
Tra gli eventi il più visto del trimestre è Vasco Modena Park – 01.07.17 Live, la diretta del mega concerto di Vasco Rossi a Modena davanti a un pubblico di 220mila persone. Un record come concerto, come audience televisiva e anche al cinema. È infatti il maggiore incasso di sabato 1 luglio e non solo perché il prezzo è maggiorato (in media 14,55 euro), ma anche come numero di spettatori: ben 48.244 paganti. Il secondo classificato della giornata è Transformers – L’ultimo cavaliere con un incasso di 261.503 euro per 34.972 spettatori. Una chiara dimostrazione di come l’irrazionalità regni sovrana e davanti a veri e propri eventi il pubblico decida di uscire di casa, spendere di più e chiudersi in un cinema anche se si è in piena estate.
Pagina precedente: ANALISI BOX_OFFICE – IV TRIMESTRE STAGIONE 2016 / 2017 + ESTATE
A seguire:
COSA IL PUBBLICO HA INTRAVISTO
COSA IL PUBBLICO NON HA VISTO + SE IL TITOLO NON AIUTA + LA LOCANDINA CHE VERRÀ
GLI SPIETATI IN TRINCEA: LA VOCE DI UN ESERCENTE