Baro-metro

Il Baro-metro: sguardi dalla sala (04/2016) – 3

ANIMAZIONE E FILM PER FAMIGLIE

In una stagione dove l’animazione ha un ruolo determinante, anche il terzo trimestre non si sottrae al trend. Arriva infatti Zootropolis, di cui parliamo più approfonditamente nel commento alla top-10 stagionale, che entra direttamente all’ottavo posto, ma ci sono anche altri titoli che dimostrano la grande vitalità del genere. Del resto, come abbiamo più volte sottolineato, molti genitori risparmiano su tutto facendo le pulci per pochi centesimi, ma quando si tratta dei figli sono disposti a ipotecare la casa per un maglioncino firmato che si sporcherà appena indossato o per una orrenda festa di compleanno sui gonfiabili. L’industria, non solo del cinema, l’ha capito da un pezzo e propone per l’infanzia molte più alternative che in passato.

Risultato straordinario di Zootropolis a parte, ha avuto un riscontro positivo, ma inferiore alle attese, il ritorno per la terza volta del simpatico panda Po. Kung Fu Panda 3 incassa infatti 8 milioni 183 mila euro, ma il capostipite era arrivato alla cifra record di 17 milioni di euro e anche il sequel aveva superato abbondantemente i 12 milioni di euro. Tra l’altro la 20th Century Fox, fiutando probabilmente minori introiti, ha programmato una non prevista, e molto contestata, anteprima a un week-end dall’uscita ufficiale, sottraendo così schermi ad altri film. Il risultato non è stato dei più incoraggianti, però, solo € 881.246 in 400 sale. Il progetto “prendi i soldi e scappa” ha quindi prodotto esiti meno produttivi delle aspettative. E il calo è stato generalizzato. Una chiara dimostrazione è l’aumento vertiginoso degli incassi cinesi, passati dai 26 milioni di euro del primo episodio agli attuali 154 milioni. Nonostante questo, però, il dato globale è in netta diminuzione: 631 milioni di dollari il primo, 666 milioni di dollari il secondo e 517 milioni di dollari il terzo. Un progetto che ha dimostrato la tenuta del brand ma non la sua solidità. Che cosa ha reso più impervia la conquista del box-office? Forse è la ricetta Dreamworks a essere un po’ in stanca: troppe gag in rapida successione e una debole visione organica che finisce per anestetizzare il divertimento. Ridi, ti commuovi, ma un attimo dopo non ricordi perché.

Tra gli altri titoli, dimostra un suo perché Doraemon il film: Nobita e gli eroi dello spazio, trentaseiesimo film della più che longeva serie, che incassa un milione 150 mila euro e pure un film modesto come Il viaggio di Norm se la cava discretamente, con un milione 27 mila euro, il maggiore incasso mondiale dopo gli Stati Uniti (17 milioni di dollari). Minore il riscontro per il messicano Pedro galletto coraggioso (575 mila euro) e per l’australiano Billy il Koala (175 mila euro). A fare flop è solo l’italiano Grotto, vincitore del Giffoni Film Festival, che nonostante i 163 schermi a disposizione debutta al 20º posto a fine aprile con 57 mila euro e una media per sala piuttosto sconsolante (€ 352). La scomparsa dalle sale è immediata.

Continua, infine, la trasposizione in versione live-action delle serie tv a cartoni degli anni ’80. Dopo il francese Belle & Sebastien, e relativo seguito, è ora la volta di Heidi, co-produzione svizzero/tedesca che ottiene un discreto successo: 2 milioni 876 mila euro. L’operazione nostalgia continuerà con Le avventure di Remì?


CINEMA D’ESSAI

Come più volte sottolineato, sempre più di nicchia il cinema di nicchia, con un buon andamento nelle singole sale, cittadine e non, ma con sempre meno sale disponibili e, quindi, con risultati complessivi inevitabilmente contenuti; anche perché la regola delle tre settimane di durata commerciale vale anche per questi titoli dall’appeal non sempre fortissimo che, invece, avrebbero bisogno di più tempo per entrare nelle preferenze del pubblico. Tra le tantissime uscite del trimestre, nessun titolo supera il milione di euro, a conferma della dispersione di interesse nei confronti di un cinema da cui provengono, o almeno dovrebbero provenire, punti di vista originali e non omologati sulla realtà. Come al solito ricordiamo che, al di là delle classificazioni ufficiali (la qualifica di “film d’essai” è attribuita dalla Direzione Generale Cinema del Ministero dei Beni e Attività culturali e del Turismo), stabilire cosa è d’essai e cosa non lo è non è semplice. Per dire, molti film francesi, per cui dovremmo aprire un’apposita sezione vista l’incidenza numerica negli ultimi mesi dei lungometraggi d’oltralpe, sono più commerciali che d’essai, ma non godono ancora di una diffusione capillare. Spesso sono i film premiati o presentati ai festival a costituire parte integrante di questa pagina, a dimostrazione di come i festival siano ancora cassa di risonanza per molte opere che altrimenti nessuno avrebbe modo di vedere.

Il più visto della sezione è Il condominio dei cuori infranti, lieve tratteggio di caratteri e situazioni che è entrato nei cuori, infranti e non, del pubblico raggiungendo i 725 mila euro. Per una volta il cambio di titolo ha sicuramente giovato al risultato. L’originale “Asphalte” non era infatti dei più accattivanti e avrebbe con tutta probabilità sortito un effetto scacciapubblico.

Tra gli altri si distinguono solo Remember di Atom Egoyan, in concorso al Festival di Venezia ma snobbato dalla critica (560 mila euro), che la BIM distribuisce in una novantina di sale, e Land of Mine – Sotto la sabbia, diretto da Martin Zandvliet, presentato alla Festa di Roma, che grazie a una buona distribuzione da parte della Notorius Pictures (più di 100 sale) riesce in brevissimo tempo a superare i 500 mila euro per poi scomparire rapidamente. Si distingue anche La corte, con Fabrice Luchini premiato a Venezia con la Coppa Volpi, che nonostante un numero non rilevante di sale (una sessantina) riesce, a forza di piccoli passi, a superare i 400 mila euro. Obiettivo che raggiunge anche Un momento di follia, commedia francese con Vincent Cassel che, viste le sale a disposizione (più di 200), ambiva sicuramente a numeri maggiori, anche perché in Francia lo hanno visto 850 mila spettatori. Discorso analogo per Mister Chocolat, che ripercorre la vita del primo artista di colore della scena circense francese, con il divo d’oltralpe Omar Sy: in Francia un milione 686 mila spettatori, da noi 276 mila euro con 144 sale a disposizione (debutta all’ottavo posto ma alla seconda settimana è già 17esimo). Direttamente dalla Berlinale arriva poi La comune di Thomas Vinterberg (315 mila euro), che ha visto Trine Dyrholm vincere il premio per la Migliore interpretazione femminile: 73 le sale in cui debutta al 12esimo posto, ma alla seconda settimana è già 18esimo, confermando la difficoltà per molti titoli di imporsi sul pubblico in breve tempo e senza un marketing particolarmente aggressivo.

Intorno ai 150 mila euro Una volta nella vita, Una notte con la Regina e Un’estate in Provenza, inferiori ai 100 mila euro invece 1981: Indagine a New York, The End of the Tour – Un viaggio con David Foster Wallace, Amore, furti e altri guai, Il club, Human, Marie Heurtin – Dal buio alla luce, The Lesson – Scuola di vita, i 3 volumi di Le mille e una notte – Arabian Nights, Desconocido – Resa dei conti, Love and Mercy, Il complotto di Chernobyl – The Russian Woodpecker, Fiore del deserto, The Idol, Les souvenirs e Mistress America.

Da segnalare, infine, il caso di Weekend di Andrew Haigh, opera del 2011 giunta in Italia grazia al successo di 45 anni e alla determinazione di Teodora Film. Geniale la campagna marketing che ha trasformato l’invettiva della Conferenza Episcopale Italiana in autogol. Il film è stato infatti definito “Sconsigliato/Non utilizzabile/Scabroso” ma molti sono scesi in capo per difenderlo accendendo i riflettori sull’opera e creando un passaparola contagioso. Conseguenza: nei primi quattro giorni di programmazione il film incassa circa 57.000 euro in soli 10 schermi (7.972 spettatori) con la migliore media per sala della top-20 (€ 5.696). Per dire, a Roma la sala 1 del cinema “Quattro Fontane” totalizza più di 16mila euro al botteghino nel primo week-end di programmazione, diventando la prima sala per incasso della città, multiplex compresi.


ITALIA

Grazie al successo epocale di Quo vado?, nei primi quattro mesi del 2016 la quota di mercato del cinema italiano, considerando gli incassi, è del 43,07% e si avvicina a quella del cinema americano, pari al 45,82%. La sorpresa di Perfetti sconosciuti, che analizziamo nei commenti alla top-10 stagionale, permette alle percentuali di reggere, nonostante siano davvero pochi i titoli italiani in grado di imporsi. Anche un gigante come Claudio Verdone, infatti, che con il suo minore successo degli ultimi anni, Posti in piedi in paradiso del 2012, ha comunque sfiorato i 10 milioni di euro, limita l’incasso del suo L’abbiamo fatta grossa in coppia con Antonio Albanese, a 7 milioni 655 mila euro. In questi casi è utile verificare l’andamento del film precedente: Sotto una buona stella, con Paola Cortellesi, aveva sì incassato 10 milioni 278 mila euro, ma il gradimento è stato così così (voto su IMDB 5,6) e anche la critica non lo ha particolarmente apprezzato. Un calo di spettatori è quindi comprensibile, nonostante Verdone resti un beniamino del pubblico.

L’unico altro titolo in grado di distinguersi nel trimestre è Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti. Accolto con entusiasmo fin dalla sua presentazione alla Festa di Roma è stato lanciato con grande cura dalla Lucky Red attraverso un marketing aggressivo (spot costosissimi anche durante il Festival di Sanremo) e con 257 copie. Il debutto a fine febbraio è al 6º posto con una media per sala più che discreta (€ 3.098). Il vero colpaccio è stato però prolungare la durata commerciale del film attraverso le candidature ai David di Donatello (ben 16) prima, e la vittoria di sette David importanti poi. E la sua strada non è ancora finita, perché, oltre a essere ancora in programmazione, ha già trovato un distributore francese e uno americano. Il dato di fine aprile (3 milioni 898 mila euro) è, quindi, quanto mai parziale.

Tra gli altri film nazionali in grado di affermarsi negli incassi del trimestre anche l’incolore Tiramisù, debutto alla regia di Fabio De Luigi, che raggiunge i 2 milioni di euro, Un paese quasi perfetto di Massimo Gaudioso, remake del francocanadese La grande seduzione e dai modesti consensi critici, che si ferma a un milione e mezzo di euro, e il sorprendente Veloce come il vento di Matteo Rovere, che si avvicina ai due milioni di euro (è ancora in programmazione) e piace sia alla critica che al pubblico.

Lascia un segno anche Fuocoammare, il documentario di Gianfranco Rosi ambientato a Lampedusa e vincitore del prestigioso Orso d’Oro a Berlino, che esce strategicamente a ridosso del festival. L’abbraccio tra la presidentessa di giuria Meryl Streep e l’emozionato Rosi ha svettato sulle prime pagine di tutti i giornali e ha fatto il giro dei social. Ottima pubblicità al film che ha così modo di ottenere un riscontro altrimenti difficilmente pensabile. L’incasso di 877 mila euro è di poco inferiore a quello di Sacro GRA (più di un milione di euro), Leone d’Oro al Festival di Venezia del 2013.

Si fanno minimamente notare poi On air – Storia di un successo (€ 391.513,89) e Le confessioni di Roberto Andò, il cui dato (570 mila euro) è però più che mai parziale in quanto il film è uscito il 21 aprile. Quasi 200 mila euro, poi, per Pier Paolo Pasolini interpretato da Massimo Ranieri in La macchinazione di David Grieco e Come saltano i pesci di Alessandro Valori. Poco più di 140 mila euro per Milionari di Alessandro Piva.

Briciole, invece, a causa di distribuzioni limitatissime, per Wax – We are the X, Un nuovo giorno, L’Universale, Abbraccialo per me e Antonia.
Da segnalare, invece, una tendenza che sta prendendo sempre più piede, quella dei successi regionali. Film che non vengono distribuiti in modo equilibrato in tutta Italia, ma che sfruttano il loro appeal locale riuscendo a ottenere numeri importanti. È il caso di Vita, Cuore, Battito di Sergio Colabona (€ 1.659.446) e Troppo napoletano (€ 1.167.328,14). Il primo diventa un vero e proprio caso, considerando che è diretto da un esordiente, è indipendente e privo di distribuzione, con le sale (ben 100) contattate una ad una dal produttore Nando Mormone. Per dire, nel giorno di Pasquetta è il film in Italia con la migliore media schermo, meglio del campione di incassi Batman v Superman: Dawn of Justice. Un successo travolgente in Campania e nel Sud, molto meno nel resto dello stivale, dove è uscito con il contagocce.

Più calcolato (prodotto da Alessandro Siani e distribuito da 01 Distribution), ma ugualmente sorprendente, anche se inferiore, il successo di Troppo napoletano di Gianluca Ansanelli. Anche in questo caso la media per sala (e sono 100) nel week-end di debutto a inizio aprile è la migliore della top-20 (€ 4.591).

Più contenuti i successi di altri due  film “regionali” che al nord non sono praticamente arrivati: Mi rifaccio il trullo di Vito Cea dilaga in Puglia (207 mila euro) e Bianco di Babbudoiu, di Igor Biddau, spopola in Sardegna (137 mila euro).

E per concludere segnaliamo titoli, anche importanti e attesi, che hanno deluso le aspettative, i flop nazionali insomma. Gli incassi si rivelano come sempre parametri quanto mai relativi. Un milione 760 mila euro incassato da Forever Young, ad esempio, avrebbe fatto la fortuna di molti film italiani distribuiti poco e male, ma da un lungometraggio di Fausto Brizzi spalmato su 463 schermi ci si aspettava sicuramente di più. Pazze di me, per dire, che è considerato il maggiore flop di Brizzi (anche in questo caso paragonato ai successi precedenti da Notte prima degli esami in poi), aveva introitato un milione 896 mila euro.

Non conquista il favore del pubblico neanche la coppia Margherita Buy / Claudia Gerini in Nemiche per la pelle. Anche in questo caso uscita generosa a metà aprile (222 copie), ma finora gli incassi latitano (729 mila euro). Che la commedia sia in crisi e abbia bisogno di un ripensamento, o di una pausa, o di poster più originali, lo dimostra anche l’insuccesso di Onda su onda di Rocco Papaleo (632 mila euro) con lo stesso Papaleo e Alessandro Gassmann. Non decolla nemmeno un film più coraggioso, Un bacio di Ivan Cotroneo (515 mila euro), nonostante un lancio in grande stile (200 sale), articoli su ogni magazine e fermento sui social. Floppissimo, infine, per Ustica di Renzo Martinelli, rivisitazione della strage avvenuta il 27 giugno 1980 sul volo partito da Bologna e diretto a Palermo, che debutta a fine marzo al 18º posto, nonostante le 117 sale a disposizione, e scompare immediatamente dalla programmazione.


La prima parte del Barometro, con l’INTRODUZIONE e gli OSCAR dal punto di vista degli incassi la potete trovare qui.

La seconda parte del Barometro dedicata ai FLOP la potete trovare qui.

A seguire, la quarta parte del Barometro, con uno sguardo su ALTRI FILM DEL TRIMESTRE ed EVENTI.