Baro-metro

IL BARO-METRO DI QUENTIN TARANTINO

È uno dei pochi registi il cui cognome è diventato un aggettivo. Nell’immaginario “tarantiniano” significa tutto e niente, da pulp a ultraviolento a molto dialogato a pop a postmoderno ed è ormai entrato nel parlare comune. Segno di una notorietà cresciuta in pochi anni a livello esponenziale grazie a un numero esiguo di titoli capaci di frullare il noto e di riproporlo con uno stile personale e potente in grado di scardinare le certezze. Il pubblico dimostra quasi subito di amare l’approccio originale e consapevole del regista, la commistione di generi, l’arte di raccontare modificando il fluire del tempo a proprio piacimento (proverbiali le sue analessi), la violenza estrema, l’umorismo spiazzante, i piani sequenza, i punti fermi e imprescindibili (il fumo delle sigarette, i piedi femminili, i cereali, gli hamburger, le triangolazioni, le parolacce, i dialoghi fitti fitti, i bagagliai delle auto) ma anche l’imprevedibilità alla base della sua visione. Uno dei rari casi in cui la cinefilia contagia non solo una nicchia di critici pronta a tutto pur di stupirsi ancora, ma l’intero pianeta.

Ecco uno schema riepilogativo che mostra (quando è stato possibile reperire i dati) in dollari il budget, il box-office globale e quello U.S.A., e in euro gli incassi italiani. Determinante per il raggruppamento dei dati, inevitabilmente non sempre completi, le fonti di Cinetel, Boxofficemojo, HiParadeItalia e IMDB, oltre al prezioso supporto di Marianna D’Augello. Per completezza di sguardo abbiamo inserito anche gli incassi di Four Rooms e Planet Terror, anche se il primo è una co-regia e il secondo in America è uscito in tandem con A prova di morte nel pacchetto Grindhouse.

 

TITOLO ANNO BUDGET BOX-OFFICE GLOBALE BOX-OFFICE U.S.A. BOX-OFFICE ITALIA
(in dollari) (in dollari) (in dollari) (in euro)
Le iene 1992 1.200.000 2.832.029
Pulp Fiction 1994 8.000.000 213.928.762 107.928.762  4.768.355
(Four Rooms) 1995 4.257.354     812.520
Jackie Brown 1997 12.000.000 74.700.000 39.673.162  2.532.094
Kill Bill: Volume 1 2003 30.000.000 180.949.045 70.099.045  5.345.456
Kill Bill: Volume 2 2004 30.000.000 152.149.461 66.208.183  5.023.339
Grindhouse – A prova di morte 2007 67.000.000 30.700.000 25.037.897  2.154.968
(Planet Terror 2007 (*) 10.900.000 (*)    629.078
Bastardi senza gloria 2009 70.000.000 321.455.689 120.540.719  9.374.667
Django Unchained   2012 100.000.000 425.368.238 162.805.434  12.049.342
The Hateful Eight 2015 44.000.000 155.117.416 54.117.416  8.495.193
C’era una volta a… Hollywood  (**) 2019 90.000.000 329.372.950 136.872.950               ?

(*) dati numerici inclusi in Grindhouse visto che per il mercato americano i due film sono usciti insieme

(**) dati aggiornati al 17/09/2019, giorno precedente all’uscita del film in Italia

Tutto ha inizio nel 1992 con Le iene e come spesso accade sono i festival a scoprirlo. Prima il Sundance (al cui workshop Tarantino fu in precedenza ammesso), poi Montréal, Cannes, Sitges e infine Toronto. In Italia arriva inizialmente con il titolo Cani da rapina e il divieto ai minori di 18 anni, c’è curiosità intorno al film ma il risultato commerciale è poco significativo. Il successo, anche se di nicchia, arriva quando viene riproposto con il titolo Le iene, dopo che di Tarantino si comincia a parlare sempre più. Negli Stati Uniti esce prima in 19 sale con una prima settimana da 148 mila dollari (media per sala 7.781 dollari) e poi raggiunge 61 sale incassando 2.832.029 dollari.

La conquista della notorietà mondiale arriva però nel 1994 grazie a Pulp Fiction. Le immagini di Tarantino che mostra il dito medio a chi fischia alla sua consacrazione con la Palma d’Oro al festival di Cannes (con Clint Eastwood presidente di giuria) fanno il giro del mondo, ma è soprattutto il suo cinema che si rivela come qualcosa di completamente nuovo, eversivo e potente nel panorama cinematografico globale. Il film diventa quasi subito un cult e rientra tra quelle rare opere in grado di caratterizzare un’epoca ed entrare nella Storia, del cinema ma anche del costume. Il tempo e il percorso del regista non hanno fatto altro che confermarlo ulteriormente. Se ne accorgono anche gli Oscar dove ottiene 7 candidature e vince per la migliore sceneggiatura (a Tarantino insieme a Roger Avary). Il successo è clamoroso e il pubblico accorre ovunque in massa, incuriosito da tanto clamore. In Italia si posiziona al 16° posto nel box-office stagionale tra Nell (15°) e Ace Ventura (17°)

Dopo la pausa per Four Rooms, concepito come divertissement (soprattutto dei quattro registi Quentin Tarantino, Robert Rodríguez, Alexandre Rockwell e Allison Anders) ma incapace di contagiare anche il pubblico, arriva quello che ufficialmente è considerato il terzo film di Quentin Tarantino: Jackie Brown. Attesa spasmodica con i fucili puntati che ingigantisce le aspettative e, come sempre accade, fa sperare a ognuno di vedere il proprio film. Uno sguardo egoriferito che finisce per impedire di cogliere ciò che il regista, che non siamo noi, è in grado di offrire. Del resto Pulp Fiction aveva generato superlativi ed è con i superlativi che molti si predispongono all’opera terza. Risultato: Jackie Brown, omaggio alla blaxploitation con una regia meno virtuosistica e più tradizionale rispetto al pregresso, conquista poco sia il pubblico che la critica. Sarà come sempre il tempo a consentire una maggiore comprensione dell’opera e infatti il film sarà oggetto di una rivalutazione finanche esagerata (da film così così a migliore film, non di Tarantino ma del mondo, il passo è ahimè breve). In ogni caso, visto il budget abbastanza contenuto, è tutt’altro che un flop e svolge perfettamente anche la sua funzione prettamente commerciale. In Italia a fine stagione è al 39° posto e fa meglio di Scream che è 40°.

Forse scottato da un riscontro inferiore alle attese, più probabilmente attirato dalle mille opportunità dello show business (debutto a Broadway, piccole parti al cinema e in serie tv), l’opera quarta è preparata con molta cura e stravolgendo piani. Ci vogliono infatti sei anni prima di raggiungere nuovamente il grande schermo con Kill Bill. Nel frattempo quello che sembrava il passo successivo (Bastardi senza gloria) viene posticipato perché la molla creativa porta altrove, al cospetto di una sposa vendicatrice e di una musa: Uma Thurman. È lei il fulcro del film, non solo protagonista assoluta ma presenza imprescindibile, e non essendo disponibile causa gravidanza si rende necessario un ulteriore posticipo. Il risultato è un colossale omaggio al cinema e ai registi amati, con una commistione che mescola spaghetti western, revenge movies, kung fu movies, chambara movies e chi più ne ha più ne metta. La durata fiume impone delle scelte e con la Miramax si giunge all’accordo di un’uscita in due parti, ottima anche per ammortizzare il budget, nel frattempo sforato. Gli incassi danno ragione a Tarantino e confermano che nonostante gli anni passati il suo cinema è ancora nel cuore degli spettatori. Kill Bill 1 supera i 100 milioni di dollari negli States e ottiene buoni numeri ovunque, soprattutto in Gran Bretagna (quasi 21 milioni di dollari) e Francia (13,5 milioni di dollari). Kill Bill 2 perde per strada un quarto del pubblico, segno che il primo capitolo ha avuto anche detrattori non disposti a tornare in sala per vedere il prosieguo del racconto. Particolare il caso del Giappone dove Kill Bill 1, più proteso a Oriente rispetto a Kill Bill 2 invece più “occidentale”, raggiunge i 20 milioni di dollari (19° film più visto nel 2003), mentre Kill Bill 2 si ferma a 8,5 milioni di dollari (46° tra i più visti del 2004). Più limitato il calo in Italia, dove Kill Bill 1 a fine stagione è 28° mentre Kill Bill 2 lo segue a ruota al 29° posto. Al 27° posto della stagione 2003 / 2004 li precede Mona Lisa Smile.

Dopo il doppio Kill Bill è la volta del doppio Grindhouse, almeno per i mercati europei. Il film esce infatti solo negli Stati Uniti in un unico pacchetto da 3 ore e 11 minuti. La genesi dell’opera vede Tarantino e Robert Rodriguez collaborare dopo qualche scambio di favori (alcune musiche di Kill Bill al simbolico onorario di 1 dollaro per Rodriguez, contro la stessa cifra incassata da Tarantino per dirigere una sequenza di Sin City). I due registi girano un doppio film sul modello di quelli d’exploitation che venivano proiettati nei cinema periferici e malfamati negli anni ’70 in America (i grindhouse appunto). Un’idea con cui sperano di affascinare e divertire la platea mondiale ma che si rivela meno contagiosa del previsto. Difficile, infatti, fare accettare film consapevolmente brutti e girati con tecniche anche in questo caso consapevolmente, ma effettivamente, brutte, anzi imbruttite, comunque datate. Senza alcun background cinefilo, o una passione genuina per il genere, il rifiuto del pubblico è senza appello. Succede così che la combine A prova di morte, lo slasher di Tarantino, e Planet Terror, lo splatter di Rodriguez, non incontrano i favori del pubblico e poco anche quelli della critica. L’uscita insieme li penalizza particolarmente, data anche la durata monster, ma non va poi tanto meglio nemmeno con le versioni singole, rimaneggiate per consentire il raggiungimento di un minutaggio adeguato e per adattare la visione a un pubblico poco avvezzo con i grindhouse e il cinema d’exploitation. Il risultato non brilla quindi da nessuna parte. In Italia A prova di morte arriva il 1° giugno del 2007 e si piazza al 73° posto della classifica stagionale, mentre Planet Terror esce il 28 settembre dello stesso anno ed è fuori dalle prime cento posizioni. È l’unico vero e proprio flop nella filmografia di Quentin Tarantino.

Dalle stalle alle stelle il passo può essere breve, giusto un paio d’anni. È infatti nel 2009 che arriva il sesto film di Quentin Tarantino e si rivela uno dei suoi maggiori successi commerciali. In Bastardi senza gloria, inizialmente destinato come abbiamo visto a precedere Kill Bill, il regista abbraccia il war movie per poi personalizzarlo e trasformarlo in un atto d’amore nei confronti del cinema a cui viene attribuito il potere di cambiare addirittura il corso della Storia. Sul botteghino è forte l’impatto non solo di Tarantino (ormai ogni suo film è un evento) ma anche di Brad Pitt, all’apice del suo carisma di star grazie anche all’unione affettiva con Angelina Jolie che riempie chilometri di stampa. Presentazione a Cannes, otto candidature agli Oscar (la statuetta premia Christoph Waltz), critiche positivissime e plauso del pubblico: che volere di più? Si conferma una tendenza: il sempre maggior contributo dei mercati internazionali sul totale (62,5%). In Italia è al 18° posto del box-office stagionale e supera, cosa impensabile oggi, Iron Man 2 che lo segue al 19° posto.

Il maggiore successo commerciale di Tarantino arriva però nel 2012 con Django Unchained, anche il suo film più costoso, elaborata rivisitazione dello spaghetti-western e omaggio al nostrano Django con Franco Nero. La presenza di una star come Leonardo Di Caprio, uno dei pochi attori al mondo capace di fare la differenza al box-office, la distanza del film dai canoni di buonismo imperanti, la capacità di cavalcare tematiche calde (la questione razziale su tutte) senza proclami edificanti ma con il fine di intrattenere, il suo non disattendere le aspettative del pubblico (ciò che vuole il regista e ciò che vuole il pubblico coincidono), contribuiscono di sicuro a fare della pellicola un grande successo. Ottimo anche il posizionamento nelle sale, diverso dalle precedenti opere del regista: in U.S.A. arriva il giorno di Natale (primo week-end da 30 milioni di dollari) e in Italia a gennaio che, nel tempo, si è rivelato uno dei mesi più strategici e ricchi per il botteghino nazionale. Cinque le candidature agli Oscar, due i premi vinti (sceneggiatura e ancora Christoph Waltz), 11° posto nel box-office stagionale 2012 / 2013. Il maggior incasso europeo arriva dalla Germania con 51,5 milioni di dollari. In Austria, patria di Waltz, è il secondo film più visto del 2013 dopo Lo Hobbit – la desolazione di Smaug.

The Hateful Eight arriva nel 2015, ma dopo i fasti di Django Unchained l’accoglienza è più tiepida del previsto. Un po’ perché ancora di western si tratta, ma un po’ anche perché l’assenza di star del calibro di Brad Pitt e Leonardo Di Caprio fa evidentemente la differenza al box-office. Meno entusiasmo anche da parte della critica. In U.S.A. si segue la strategia del film precedente: uscita il giorno di Natale ma solo in poche sale ed esclusivamente nel formato in 70 mm per poi arrivare wide a partire dall’8 gennaio. Grande fanfara per la proiezione in formato 70 mm anche in Italia, dove diventa ottimo veicolo di marketing per parlare del film e applicare, nelle poche sale in cui è tecnicamente possibile, un sovrapprezzo alla visione. Risultato al di sotto delle aspettative soprattutto in U.S.A., ma sottotono un po’ ovunque. Globalmente incassa infatti un terzo rispetto a Django Unchained, ma è anche costato meno della metà. Oscar a Ennio Morricone per la colonna sonora. Sempre maggiore l’incidenza sul totale dei mercati etra-americani (65,3%). In Italia è al 15° posto del box-office 2015 / 2016.

Che succederà con il nuovo, già discusso e visto più o meno ovunque, C’era una volta a… Hollywood? C’era aria di Jackie Brown dopo la prima mondiale a Cannes e i primi riscontri critici abbastanza tiepidi. Poi, gradualmente, gli equilibri si sono ristabiliti e sono tornati i superlativi. C’è chi parla di una critica incapace di uscire dal perimetro delle proprie aspettative, chi di un film che ha bisogno di una seconda visione per essere compreso appieno, chi ancora di un festival, riferendosi a Cannes, che ama incensare o distruggere, sta di fatto che dopo la sua uscita mondiale il film ha ricevuto in prevalenza lodi. Il pubblico, che dei solipsismi della critica se ne infischia, è invece accorso subito in massa. È partito benissimo negli Stati Uniti distinguendosi nel totale del primo week-end come migliore debutto di sempre per un film di Quentin Tarantino (41 milioni di dollari). A sfruttamento ancora in corso ha già superato, sia in U.S.A. che worldwide, Bastardi senza gloria ed è quindi diventato il maggior incasso del regista dopo l’irraggiungibile Django Unchained. Una ulteriore conferma dell’appeal di Tarantino su un pubblico diversificato e ampio e del richiamo delle due superstar protagoniste: Brad Pitt, ma soprattutto Leonardo DiCaprio, hanno il potere di attirare il mondo nelle sale. Di grande impatto anche il titolo che evoca un immaginario in grado di riverberarsi a ogni latitudine. In Italia è uno dei film più attesi della stagione, quindi un ottimo seguito è ipotizzabile.

Guardando al futuro, stando alle dichiarazioni dello stesso Tarantino, a meno che l’imminente paternità o chissà quale altra variabile non influiscano in qualche modo sui suoi piani, dovrebbe mancare un solo film, il decimo, per completare la sua filmografia. Sarà Star Trek? Ormai pare di no. Forse Django/Zorro? Sembra che Tarantino stia lavorando all’adattamento cinematografico del fumetto, ma non è chiaro se come co-sceneggiatore insieme a Jerrod Carmichael o come consulente, in ogni caso non come regista. Che sia la volta di Kill Bill 3? Se ne è parlato, tra le candidate Maya Thurman-Hawke, figlia di Uma Thurman ed Ethan Hawke e già tra le nuove entrate di Stranger Things 3, ma potrebbe essere una semplice fiammata della stampa in cerca di scoop. Qualunque sia il soggetto prescelto sarà di sicuro un successo. Le uscite di scena, abbinate a dichiarazioni altisonanti, hanno sempre un seguito incredibile. Del resto parliamo di un regista che, oltre ad avere cambiato per sempre la storia del cinema con la sua visione, ha anche attirato un bel po’ di spettatori nelle sale. L’incasso totale dei suoi film sul mercato americano è di 786 milioni di dollari, mentre nel mondo il totale raggiunge 1.804 milioni di dollari (dati aggiornati al 17 settembre 2019). Uno dei casi, non così frequenti, in cui arte e box-office procedono allineati.