Baro-metro

IL BARO-METRO DI LARS VON TRIER

Di Lars von Trier si può dire tutto e il contrario di tutto, ma non che lasci indifferenti. Difficilmente un suo film non smuove un sentimento che non sia di rabbia, stupore o complicità. Del resto il suo è un cinema molto personale, anticonformista, potente e urticante in grado di scavare sottopelle, scardinare le certezze e fare emergere gli incubi. I suoi prima di tutto, che sfoga senza riserve su di noi, ma anche i nostri, che dalle sue visioni ci lasciamo contagiare e interrogare.

Coccolato, e premiato, dai maggiori festival, ma soprattutto sulla Croisette, ha ottenuto consacrazione internazionale con Le onde del destino nel 1996. In 23 anni di onorata provocazione ha sempre fatto parlare di sé ed ha progressivamente aumentato il suo pubblico diventando un maestro riconosciuto anche se, inevitabilmente, non destinato a grandi incassi. Difficilmente, al di fuori della cerchia cinefila, il suo nome accende lampadine nell’interlocutore.

Analizzando i numeri, che non giudicano e non mentono, si scoprono cose interessanti. Ecco uno schema riepilogativo che mostra (quando è stato possibile reperire i dati) in dollari il budget, il box-office globale e quello U.S.A., e in euro gli incassi italiani. Determinante per il raggruppamento dei dati, inevitabilmente non sempre completi, le fonti di Cinetel, Boxofficemojo, HiParadeItalia e IMDB, oltre al prezioso supporto di Marianna D’Augello.

 

TITOLO ANNO BUDGET BOX-OFFICE GLOBALE BOX-OFFICE U.S.A. BOX-OFFICE ITALIA
(in dollari) (in dollari) (in dollari) (in euro)
Le onde del destino 1996 7.500.000 4.040.691 1.385.900
Idioti 1998 2.500.000 7.235 258.550
Dancer in the Dark 2000 12.500.000 45.600.000 4.184.036 1.456.990
Dogville 2003 10.000.000 16.700.000 1.535.286 2.644.539
Manderlay 2005 14.200.000 675.000 78.378 145.889
Il grande capo 2006 4.000.000 3.111.395 51.548 1.063.987
Antichrist 2009 11.000.000 7.000.000 404.122 523.004
Melancholia 2011 9.400.000 15.946.321 3.030.848 600.892
Nymphomaniac 1 2013 4.700.000 * 13.600.000 785.896 894.654
Nymphomaniac 2 2013 4.900.000 327.167 429.614
The House That Jack Built 2018 9.900.000 1.900.000 257.121  ?

* budget totale di entrambi i capitoli

Si sono esclusi i primi film del regista perché distribuiti poco e non sempre con razionalità. Per dire, L’elemento del crimine, del 1984, è arrivato nel nostro paese nel 2000 in seguito al successo dei film successivi.

Le onde del destino, vincitore a Cannes del Grand Prix Speciale della Giuria, contribuisce a fare conoscere Lars von Trier nel mondo e a rendere Emily Watson se non una star comunque una delle attrici più richieste del periodo e dalla carriera più che longeva (tra il 1996 e il 1997 è stata candidata a Bafta, Golden Globe, Oscar e praticamente a tutti i premi esistenti). In Italia si posiziona 49° nel box-office della stagione 1996/1997, tra Dragonheart e Ritorno a casa Gori ed è uno dei film d’essai più visti del periodo. Fanno meglio solo Segreti e bugie (32°), Crash (29°) e Ritratto di signora (25°).

Lars von Trier raggiunge l’apice del successo commerciale con Dancer in the Dark nel 2000 grazie alla combinazione di vari fattori: la presenza di Björk come protagonista assoluta, quindi la curiosità suscitata dalla star musicale che si immola alla causa cinematografica (vedi il recente caso Lady Gaga); la Palma d’Oro a Cannes (che premia anche Björk) e il tanto parlare intorno al regista che conclude con il film la “Trilogia del cuore d’oro”; inoltre viene dopo la provocazione di Idioti, più discusso che visto, e la consacrazione internazionale grazie a Le onde del destino. Il film è anche il massimo successo per von Trier sul suolo americano mentre in Italia funziona meno, forse per la solita freddezza nazionale nei confronti del musical, per di più d’autore. Dancer in the Dark si posiziona nella stagione 2000/2001 all’81° posto tra Faccia a faccia di John Turteltaub e Road Trip di Todd Phillips. Meglio di lui, come titoli d’essai, Il gusto degli altri (66°), Il mestiere delle armi (59°), L’erba di Grace (33°) e La stanza del figlio (21°).

Dancer in the Dark rappresenta anche l’unico film di von Trier in attivo con il theatrical insieme a Nymphomaniac, che riesce a contenere i costi (4,7 milioni di dollari) e gode di una doppia uscita a causa della suddivisione in due capitoli che ovviamente giova al totale complessivo dell’opera (13,6 + 4,9 = 18,5 milioni di dollari). Il brusco calo del secondo capitolo rispetto al primo indica però un gradimento non alle stelle, come dire, se ne parla tanto, c’è aria di scandalo e la curiosità ha il sopravvento, ma poco più di un terzo di chi ha visto Nymphomaniac 1 torna poi in sala per vedere Nymphomaniac 2. Ci sono però variabili da considerare. In Italia, ad esempio, i due capitoli hanno avuto censure diverse: il primo volume è stato vietato ai minori di 14 anni per le scene di sesso esplicite, mentre il secondo capitolo è stato vietato ai minori di 18 anni perché molto più violento. Inevitabile che ciò, riducendo il bacino di utenza, abbia inciso sulle presenze, e quindi sugli incassi, del secondo capitolo. A complicare la distribuzione internazionale anche la presenza di due versioni, cut (4 ore) e uncut (5 ore e 30), che prolunga ipoteticamente la durata del film nelle sale ma più realisticamente finisce soprattutto per confondere. Strepitosa la campagna promozionale che prevede quattordici locandine con i protagonisti del film ritratti in posa orgasmica.

È un quasi pareggio Melancholia, per cui hanno sicuramente giovato il premio a Kirsten Dunst a Cannes ma anche le polemiche generate dalle parole del regista, in pochi secondi, alla conferenza stampa di presentazione del film a Cannes, da “maestro” a “persona non gradita” per dichiarazioni considerate filonaziste. A distinguersi sono soprattutto il mercato tedesco (2,4 milioni di dollari) e quello francese (2,2 milioni di dollari). In Italia è fuori dalla top-100.

Non è lontano dalla parità nemmeno Dogville, il primo film della trilogia “USA – Terra delle opportunità” grazie soprattutto alla presenza di Nicole Kidman che aiuta la distribuzione capillare del film. Prevedibile lo scarso appeal sul mercato U.S.A., in cui raggiunge solo 70 sale, dato l’antiamericanismo di fondo dell’opera, meno il riscontro italiano che risulta il più alto al mondo. Che abbia aiutato la riduzione del minutaggio, da 178 a 138 minuti, prevista solo per il nostro paese? In ogni caso Dogville è il maggior successo commerciale italiano di Lars von Trier e si piazza al 59° posto nel box-office stagionale del 2003/2004. Come film d’essai lo sorpassano Monster (54°), Lost in Translation (49°), Buongiorno, notte (46°), Le invasioni barbariche (43°), I diari della motocicletta (42°), 21 grammi (33°), La macchia umana (32°) e The Dreamers (31°), a dimostrazione di come non troppi anni fa i titoli d’essai presenti in top-100 fossero molti più di adesso. La cosa deve farci riflettere sulla crisi del “genere” e delle relative sale (spesso mono). Quali le cause? Sicuramente una standardizzazione della fruizione cinematografica che ha deputato i multiplex come fulcro della visione collettiva, ma anche la mancanza di un ricambio generazionale per il cinema d’essai.

Molto meno fortunato il secondo capitolo della prevista trilogia, Manderlay, che viene distribuito pochissimo (in U.S.A. arriva in 20 sale). Questa volta neanche l’Italia risponde all’appello. Non giova sicuramente il cambio della protagonista (da Nicole Kidman a Bryce Dallas Howard) che toglie continuità all’opera e ne riduce l’appeal commerciale (inizialmente era previsto che fosse la Kidman a interpretare l’intera trilogia, ma qualcosa tra lei e von Trier deve avere funzionato meno del previsto).

Fanno flop al botteghino anche due film agli antipodi come Il grande capo e Antichrist. Il primo ottiene il massimo incasso mondiale proprio nel nostro paese, a conferma di una predilezione tutta italiana rispetto ad altre geografie per il regista danese; probabilmente l’involucro di commedia, enfatizzato dalla distribuzione di Medusa, lo rende particolarmente appetibile e il risultato italiano sorprende, soprattutto in considerazione dello scarso interesse mostrato altrove (in U.S.A. arriva in sole 4 sale). Diverso il discorso per Antichrist, nonostante il premio a Cannes a Charlotte Gainsbourg e la commistione sacro/profano che un po’ di appeal commerciale lo ha sempre: le critiche stroncanti (49 il punteggio su Metacritic e solo 52% di recensioni positive su Rotten Tomatoes) e l’atmosfera patibolare allontano, un po’ ovunque, anche i più volenterosi.

Non resta che vedere come si comporterà La casa di Jack, a cinque anni di distanza dal precedente Nymphomaniac. Finora non si è distinto particolarmente e non sono previsti ancora molti mercati. L’eventuale apprezzamento italiano, abbiamo visto di solito superiore alla media, difficilmente sarà in grado di cambiare le sorti del film. Intanto, per complicare le cose o, chissà, attirare l’attenzione sul film, per il mercato italiano sono previste due versioni: una doppiata ed edulcorata, una in lingua originale e integrale, entrambe vietate ai minori di 18 anni. Con Lars niente è scontato. Mai.