Drammatico, Recensione

HOME (2008)

Titolo OriginaleHome
NazioneSvizzera/Francia/Belgio
Anno Produzione2008
Durata95'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Una famiglia numerosa vive su un’autostrada morta che improvvisamente entra in attività.

RECENSIONI

Il progresso avanza e minaccia l'armonia dei rapporti umani; la famiglia è un equilibrio delicato che può sempre vacillare; per conservarlo non serve murarsi in casa ma bisogna aprirsi verso l'esterno. Queste convinzioni chiare e semplici, enunciate non a grandi linee, sono l'esordio al lungometraggio della regista franco-elvetica Ursula Meier, che viene dal corto e praticamente ci resta. Cambiano i minuti, infatti, ma non l'impostazione del discorso: dopo l'affermazione degli assunti, e la loro conferma, si entra subito nelle circostanze più episodiche, matematicamente ripartite tra i singoli membri, l'aneddoto invade il tessuto narrativo e lo divora. Indossando studiatamente la veste indipendente - la famiglia sottolinea un risvolto quasi hippie -, Home si offre come una lunga concatenazione di stranezze calcolate (valga per tutte il "bagno comune" dei protagonisti) che cerca di sfuggire l'etichetta ma vi ricade, dato che lo sfaldamento e lo sforzo per la ricomposizione costituiscono evidentemente un filone; poi peggiora anche, quando sposa il registro dello scontro domestico e si prodiga nell'ennesima esemplificazione di "poetica della scenata" (il confronto fratello/sorella, con lui sanguinante che le intima ripetutamente il silenzio, ha l'arroganza dimostrativa della peggiore produzione italiana). Stesso livello si riscontra nell'evoluzione del plot, limitandosi alla riproposizione della palingenesi condita di isterismi, follie, solchi generazionali: la scrittura dei caratteri delle figlie, la più aperta che molla la presa contro quella problematica che partecipa alla ricostruzione, è il picco di elaborazione raggiunto. Il tasto da pigiare era quello, sfiorato e subito lasciato, del sottinteso che aleggia su queste figure disturbate - il più significativo riguarda la madre, Marthe: la secca battuta della figlia ("Qui mamma si trova bene") lascia scorgere per contrasto un passato alquanto problematico -, si poteva insistere sullo slittamento verso altri generi, come la tentata deviazione in territorio fantascienza - il Pianeta Famiglia subisce l'attacco alieno delle ruspe e la colonizzazione delle auto (all'inizio, non a caso, l'autostrada dismessa è un paesaggio lunare da medioevo prossimo venturo: insomma un altro mondo); invece la scelta ricade sul simbolo palese e tutto proteso a rappresentare il nucleo come fragile corpo da difendere (dato fisico compreso: quando i legami barcollano, in casa si fatica a respirare). Fra svolte schematiche e previste sofferenze, con una nota di particolare demerito per Huppert non più attrice ma interprete di una parte (ovviamente la borderline), dunque, si arriva al carrello finale, che assolve un'esplicita funzione riassuntiva, racchiudendo i personaggi in una inquadratura, da intendersi come il maggiore azzardo stilistico a disposizione; per il resto l'autrice preferisce delegare tutto al valore intrinseco dell'intreccio, che resta piuttosto relativo. Sui titoli di coda, a proposito di eversione e sentimento, l'immeritata Wild is the wind di Nina Simone.