Fantasy, Recensione

HARRY POTTER E IL PRINCIPE MEZZOSANGUE

Titolo OriginaleHarry Potter and the Half-Blood Prince
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione2008
Genere
Durata153'
Sceneggiatura
Tratto dadal romanzo di J.K. Rowling
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Primi amori a Hogwarts e stretta collaborazione fra Silente e Potter per convincere il prof. Lumacorno a rivelare il segreto di Voldemort, suo ex-allievo. Potter trova anche degli appunti con potenti incantesimi, scarabocchiati da un fantomatico “Principe Mezzosangue”.

RECENSIONI

Raffinato riempitivo

David Yates, autore anche dell’appassionante capitolo precedente, conquista il titolo di miglior regista della serie: questa è senz’altro la puntata con la messinscena più raffinata (le scenografie), evocativa ed elaborata (dal découpage agli effetti speciali: vedi l’attacco al Millennium Bridge, assente nella pagina scritta). I protagonisti abitano zone più grigie, specchiandosi nella saga letteraria dove le avventure di Potter, (in) crescendo, non si rivolgono più ai (soli) bambini: Yates si prende tutto il tempo per esplorarli (il personaggio di Luna Lovegood è finalmente azzeccato), ed è particolarmente efficace nei flashback sull’infanzia di Tom Riddle, complice la scelta di un bambino dallo sguardo inquietante, stile La Maledizione di Damien. La fotografia cupa di Bruno Delbonnell è il segno di un mondo (babbano e magico) invaso dai mangiatori di morte, mentre la drammaturgia alterna una divertente commedia sui goffi amori adolescenziali (ma anche Lumacorno-poltrona è uno spasso) a suggestioni di puro orrore (la scolara “crocefissa” in aria, l’attacco dei “morti” nel lago), degne di Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, ma più epiche. Rientra alla sceneggiatura Steve Kloves e si permette tocchi di classe, come il parallelo non urlato fra il Bene in amore e solidale e il Male (vedi Draco Malfoy) sempre più solo e tormentato. La nota dolente è che tale apparato è al servizio di uno dei meno ispirati romanzi di J. K. Rowling: riempitivo non autoconclusivo, meno generoso di invenzioni ed evoluzioni, soprattutto se messo a confronto con la creatività debordante di Harry Potter e l’Ordine della Fenice. Un materiale povero che, d’altro canto, concede agli autori più ossigeno raziocinante, per un cinema che esalta la letteratura invece che limitarsi ad assecondarla.