TRAMA
Alex e Edith, due giovani teatranti sui 30 anni, vivono la loro relazione fatta di piccoli gesti e di una tenera quotidianità tra le rovine degli edifici cubani.
Milagros, ormai in pensione, cerca di sopravvivere vendendo “manì”, tipici coni di noccioline cubane, e trascorre le sue giornate ascoltando la radio e rileggendo vecchie lettere.
Frank e Alain, due bambini di otto anni, vanno a scuola e sognano di emigrare assieme negli Stati Uniti per diventare giocatori di baseball professionisti.
RECENSIONI
Prendendo le mosse dall'omonimo cortometraggio girato a Cuba nel 2019 e prodotto in collaborazione con la EICTV - EICTV Escuela Internacional de Cine y Television e Lav Diaz - Los Océanos Son Los Verdaderos Continentes non abbandona la coppia di trentenni su cui era incentrata l'opera precedente ma sceglie di allargare lo sguardo per incorporare altre storie, abbracciare nuovi personaggi, nuove età da raccontare rispetto all'età inquieta in cui si muvono i due giovani adulti.
In una Cuba che deve affrontare una crisi migratoria senza precedenti, in cui sono oltre 250.000 le persone che hanno già scelto di abbandonare l'isola per gli Stati Uniti, si incrociano le vite di una coppia di trentenni che lavorano in teatro, la cui relazione sarà messa alla prova della scelta di andare, come da quella di restare; dell'anziana Milagros, vedova di un marito scomparso dopo i combattimenti in Angola; e di Frank e Alain che, ancora lontani dalle inquietudini adolescenziali, sognano ad occhi aperti un altrove a stelle e strisce in cui diventare campioni di baseball.
Se le figure sono colte in un presente mondano, calate in un qui ed ora oltremodo tangibile, l'opera prima di Tomaso Santambrogio vibra di quel desiderio di fuga di chi si trova incastrato in qualcosa che sembra aver perso principo e fine, in un eterno ritorno, del presente così come del passato.
Un film di fantasmi che dà voce a tutte le anime che hanno lasciato - e presto lasceranno - quelle terre: le incursioni in quotidianità circolari accompagnate dal suono dei giornali radio e da una reiterata rilettura di vecchie lettere, l'unico lascito di quel marito in fuga; un cinema abbandonato che diventa «un cimitero di immagini» in cui ridar vita a quelle ombre che quei luoghi li abitavano; spettacoli animati da corpi inanimati, marionette manovrate dalle mani di chi vuole offrire una seppur effimera via di fuga al suo pubblico, chissà per quanto ancora.
Santambrogio filma con rigore, in bianco e nero e con camera fissa, un orizzonte teso ad altri orizzonti, l'indolente quotidiano di una Cuba dolente, in progressivo sgretolamento. Luoghi in cui «il tempo sembra non esistere», in cui ognuno è contemporaneamente intrappolato e in fuga dalla dimensione e dalla pelle che abita: chi alla ricerca di un altrove concreto, chi di un altrove temporale attraverso l'ausilio della memoria, chi di un altrove ancora fanciullesco, trasognante, in grado di superare le barriere del tempo e dello spazio, muovendosi fluido tra oceani e continenti.
Scelto come film di apertura delle Giornate degli Autori alla 80° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, una co-produzione italo-cubana (Marica Stocchi, Gianluca Arcopinto, Claudia Calviño) che sembra affondare le radici in una materia simil-documentaristica, ad opera di un autore milanese che si è formato attraversandoli e vivendoli, quei continenti, passando dalle esperienze di studio in Europa a quella cubana presso l'EICTV, fino alle collaborazioni con Werner Herzog e Lav Diaz.
Se con il mediometraggio Taxibol, sepppur prodotto e interpretato dallo stesso Diaz, Santambrogio dava vita a un oggetto non conforme, a qualcosa capace di sottrarsi ad ogni aspettativa spettatoriale, Los Océanos Son Los Verdaderos Continentes, liberatosi produttivamente dal fantasma del regista filippino, corre sul filo di un pedinamento formale del cinema di Diaz, che rischia di imbrigliare una voce altrimenti autentica e attenta, per prossimità e per sguardo, a quell'umanità di cui si fa testimone e portavoce.