Commedia, Recensione

GIOCO A DUE

Titolo OriginaleThe Thomas Crown affair
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1999
Genere
Durata110'

TRAMA

Il miliardario Thomas Crown ruba un prezioso Monet. Un detective delle assicurazioni in gonnella gli è alle costole.

RECENSIONI

John McTiernan e Pierce Brosnan (co-produttore), riuniti dopo Nomads, migliorano i passaggi più deboli di Il Caso Thomas Crown di Norman Jewison (1968) parlando d'amore, fiducia, cinismo. Inizio da manuale (ma la partenza dell'originale era migliore): colpo grosso (al museo anziché in banca), indagini poliziesche, raffinata sfida di seduzione fra due esseri "fatali" allo specchio. È un gioco esteriore condotto dal mefistofelico denaro che, fuori e dentro il film, mostra se stesso: i miliardi di Crown si sprecano per la gioia di Catherine (René Russo), quelli della produzione per gli spettatori più corruttibili (l'indifferenza cattura gli altri). Il prologo a tutto ciò, però, inserisce subito un elemento di disturbo: l'opportunismo e lo scetticismo di Crown vanno dallo psicanalista (Faye Dunaway, protagonista nel film di Jewison). È come se Brosnan volesse esorcizzare il James Bond che è in lui mostrandone le carte perdenti (sulle orme del Sean Connery di Entrapment?): una traccia intrigante che, purtroppo, si perde nel mazzo, chiudendo la partita con il superbo superuomo che non perde mai e fa impazzire le donne. Il gioco è, però, eccitante: apre con un bluff d'autore (il Monet falso), scende nell'arena con il toro e il drappo rosso (il ballo esplosivo della Russo in trasparenza), fa alla guerra durante l'amplesso, spezza i nervi nella tensione (il Renoir dato alle fiamme). Ecco, dopo l'ostentazione, la mano di seduzione fra due porcospini: perde chi smette la schermaglia e si fa vincere dalla gelosia. Il romanzo di formazione alla fiducia lo legge solo il personaggio interpretato dalla Russo (Crown, nel frattempo, s'incensa), che rischia tutto con il tradimento ma è graziata da una serenata d'amore con i controfiocchi (la gag degli uomini con la bombetta). Il lieto fine è per il film, a lasciare il segno è il paventato dolore della perdita di una posta in gioco più alta della competizione in sé.