Azione, Criminale, Recensione

GANGSTER SQUAD

Titolo OriginaleGangster Squad
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2012
Durata113’
Sceneggiatura
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Los Angeles, 1949: per impedire che la città finisca nelle mani del criminale Mickey Cohen, il capo della polizia delega al sergente della Omicidi John O’Mara la formazione di una squadra clandestina per fermarlo con ogni mezzo.

RECENSIONI

Tutti contro Cattivik

La fonte, un’inchiesta del 2008 sul Los Angeles Times firmata da Paul Lieberman, è mero pretesto per un divertissement western-gangster alla The Untouchables, ma al timone di regia c’è il Ruben Fleischer di Benvenuti a Zombieland e le motivazioni ad agire sono on/off come quelle dei morti viventi. Se c’è fasto nella ricostruzione storica, si limita a qualche auto d’epoca e all’architettura del night club: la ragione d’essere è il fumettistico commando in azione privo di ombre, contrapposto ad un cattivik uscito dalle sessioni di trucco del Dick Tracy di Warren Beatty (meglio dimenticare il Mickey Cohen degli L.A. Confidential di James Ellroy). Smantellati i meriti dell’indagine (impostare la sceneggiatura su figure dimenticate dalla Storia), i pochi attimi riflessivi (chi si crede ancora in guerra e chi butta nel mucchio un “Non c’è differenza fra noi e loro”), la cinefilia (Io narrante/pupa del boss da noir a parte) e la biografia (la vita di Cohen era fonte inesauribile di gossip saporiti ed eventi eccezionali), non resta che la superficie in movimento fra inseguimenti, mitra spianati, sorveglianze speciali e pugni in faccia (ma non c’è scena degna di nota). Sul copia-incolla dal manuale delle convenzioni, le figure di cartone in un set da poligono di tiro crollano sotto i colpi dell’arma caricata a salve dalla sceneggiatura dilettantesca dell’esordiente (al cinema) Will Beall: per favorire la progressione narrativa, il ritmo sostenuto e le traiettorie preventivate del racconto, non esita a ricorrere a scorciatoie raffazzonate, fra ‘lampadine in testa’ (da rivelazioni minime, soggette a decine di interpretazioni, i personaggi intuiscono l’ordito sottostante), dialoghi con comode informazioni fuori contesto o pigre omissioni (ad un certo punto, Mickey Cohen ha poteri divinatori sull’identità, l’ubicazione e le mosse dei suoi nemici). “Nessun nome, nessun distintivo, nessuna pietà” per il cinema che turba gli animi (è stata tagliata, e rigirata a Chinatown, una scena troppo simile alla vera strage avvenuta in Colorado durante la proiezione de Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno).