Azione, Fantascienza

FUGA DA LOS ANGELES

Titolo OriginaleEscape from L.A.
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1996
Durata100'

TRAMA

2000: un terremoto stacca Los Angeles dalla terraferma. Il Presidente degli Stati Uniti ne è felice, per quanto amorale e criminale è la città, ma proprio sua figlia ruba una potente arma e la consegna al boss ribelle della metropoli. Iena Plissken al recupero.

RECENSIONI

Debra Hill (produttrice), John Carpenter e Kurt Russell danno un seguito al loro hit indipendente del 1981 (1997: Fuga da New York), costato sette milioni di dollari contro i cinquanta qui a disposizione, per lo più dilapidati in innumerevoli sequenze “colorate” da effetti digitali che fanno rimpiangere il Carpenter maestro del B-movie. Arduo emulare un cult: nel complesso, l’opera lascia piuttosto indifferenti nel racconto-calco ma è gradevole il caleidoscopico gioco iconografico futuristico, pop ed iperrealista, disegnato su di un panorama distopico per moralizzazione all’eccesso e degrado. Encomiabili il lavoro dello scenografo Lawrence G. Paull (Blade Runner) e della costumista Robin Bush (look “trash”, stradaiolo) in una Los Angeles da Sodoma e Gomorra con I Guerrieri della Notte: Carpenter è ambizioso nel tentativo di trasfigurare l’Oggi in un Domani in cui si avverano tutte le sue paure (in primis il puritanesimo intollerante, poi, in un calderone incredibile, si parla di virtuale, buco nell’ozono, silicone, proibizionismo). Il suo massiccio attacco politico (entusiasmante il sarcastico finale sergioleoniano che “spegne” un mondo senza libertà) non rinuncia alla vena grottesca e mantiene quell’aura fumettistica/epica, impossibile/kitsch del prototipo, ma calca troppo la mano sulle caricature (Utopia, Che Guevara…) e i luoghi comuni (Terzo Mondo vs. Usa): l’umorismo, inoltre, è spento, l’inventiva obbligata più che ispirata e l’adrenalina giovanile non si confà più all’autore. Se la prima parte è prolissa e poco centrata, la matrice farsesca della seconda ingrana con buone idee (lo stadio come arena di gladiatori di basket; il Silver Surfer alla Dark Star; l’autoironia di Iena…) che conciliano la visione fra cinefilia, musiche “metalliche” (di Carpenter) e cammei.