Recensione, Thriller

FRANTIC

TRAMA

A Parigi, la moglie Sondra del chirurgo americano Richard Walker scompare misteriosamente, dopo essere entrata in possesso di una valigia che non le appartiene. L’uomo inizia la ricerca e incontra Michelle, proprietaria della valigia.

RECENSIONI

Come thriller alla L’Uomo che Sapeva Troppo deve molto agli stilemi di Alfred Hitchcock (l’uomo comune alle prese con improvvisi eventi eccezionali, il macguffin, lo spionaggio, gli intrighi, l’ironia, le figure femminili sdoppiate e il cameo del regista), ma il talento di Roman Polanski viaggia per conto proprio e basterebbe la sequenza della scomparsa durante la doccia a dimostrarlo: la suspense con punte paranoiche è magistrale, il racconto appassionante, la sceneggiatura talentuosa nello sposare i registri (Roman Polanski e Gérard Brach) e le atmosfere evocate indimenticabili, diretta espressione dello "spaesamento" di uno straniero in un’inedita Parigi grigia e cupa, da attraversare in punta di piedi sui tetti. L’ansia ‘frantic’ da consegnare con i modi beffardamente pacati di Polanski trova il terreno ideale nelle tipiche espressioni con impassibilità sbigottita di Harrison Ford, singolo impegnato in una strenua lotta (anche allegorica) contro la stupidità ed indifferenza imperante (francese?). Emmanuelle Seigner, compagna del regista vestita di pelle, non sarà più così bella, dolce e fatale: è la tentazione che amplifica il nervosismo, la burla del desiderio nel momento meno opportuno. L'amaro finale lascia un senso insopprimibile di solitudine. Orecchio alle musiche (Ennio Morricone titolare, Grace Jones e Simply Red al seguito). Da ricordare il simile Tragica Incertezza di Terence Fisher, un thriller con scomparsa ambientato a Parigi.