Carcerario

FEMMINE IN GABBIA

Titolo OriginaleCaged heat
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1974
Durata84’

TRAMA

La dura vita di alcune detenute in un carcere diretto da una sadica paralitica e da un dottore che ama “curare” con l’elettroshock.

RECENSIONI

Esordio di Jonathan Demme (anche sceneggiatore) con una produzione indipendente sotto l’ala di Roger Corman (distributore), dopo aver fatto la gavetta nella sua factory: il suo talento è già visibile per certi tocchi di classe (la donna di colore che sembra si masturbi invece gioca con i dadi; il piano sequenza sulle celle; il sogno erotico che si confonde con la barzelletta sporca su Pinocchio…), per il gusto musicale (soundtrack di John Cale con Mike Bloomfield alla chitarra), per l’inventiva e la libertà nei temi affrontati, per l’inserimento in sordina di temi più impegnati, pur dovendo/volendo pagare lo scotto all’exploitation di grana grossa con i suoi facili pruriti (sottogenere: women-in-prison, di cui Demme aveva già prodotto The Hot Box). Il suo film parte come (pretesa di) documento sulla violenza nelle carceri femminili: la voce fuori campo avvisa che l’utilizzo di caratteri estremi era necessario per trasmettere meglio il messaggio di “denuncia”…ma è meglio farci sopra una risata. Il dottore folle, la sessualmente repressa direttrice (Barbara Steele) su sedia a rotelle, le punizioni ingiuste, il Caso che ci mette troppo spesso lo zampino, tutto è un pretesto per una compiaciuta ed insistita presenza del corpo femminile denudato e/o in bella mostra, fra detenute tutte avvenenti e perverse, sempre a parlar di sesso, (addirittura) con camice da notte sexy, impegnate in eccitanti lotte sott’acqua (slippery when wet…) e così via. Non può mancare, nell’exploitation, la violenza, presa direttamente a prestito dai film carcerari maschili, con qualche tocco grandguignolesco in più (l’orecchio mozzato da un proiettile, ad esempio). Più procede, più il racconto sconfina nell’inverosimile, rivelando la sua gradita natura da B-movie, inevitabilmente di culto per efferatezze e depravazioni assenti in una produzione mainstream (almeno, ai tempi). Ma l’opera è anche figlia dei suoi tempi, fra inno alla liberazione sessuale, al femminismo (lo scienziato pazzo vuole curare la donna sottomettendola al maschio e ai suoi piaceri) e lotta contro il Sistema disumano. E contiene già il tema preferito dal regista, la labilità del confine fra Bene e Male, giusto e sbagliato, per un’ambiguità di fondo che rende tutto più maledetto, erotico ed affascinante.