TRAMA
Irene, dopo la morte del figlio ipersensibile, influenzata dal cugino comunista comincia a conoscere il mondo dei lavoratori e della disgrazia, il turbamento che ciò le provoca, unito alla “stranezza” del suo comportamento agli occhi di tutti, la porterà in una casa di cura.
RECENSIONI
La solitudine è il cardine della trilogia di Rossellini che comprende Stromboli terra di Dio (1949), Europa 51 (1952) e Viaggio in Italia (1953)."Nel primo film la solitudine è in un certo senso implicita nell'egoismo della protagonista e potrebbe essere spezzata nell'apertura verso il prossimo, nell'accettazione dei propri limiti. Nel secondo, essa è la conseguenza di una deliberata ribellione contro i falsi miti della società del benessere e il conformismo morale ed intellettuale. Nel terzo, è per molti aspetti la stessa condizione dell'uomo nel mondo, ma potrebbe anche essere la solitudine di un certo tipo di uomo e di società" (G. Rondolino).
Un percorso verso l'astrazione di un concetto che nella visione rosselliniana permea individuo e contesto ma non solo, anche un progredire alla purificazione, al denudamento dei personaggi, dello stile, dell'attrice protagonista, Ingrid Bergman, compagna del regista, arrivare a rendere collettivo il malessere moderno, femminile per di più (e si diceva appunto delle figure femminili in Godard) in una struttura filmica nitida, senza fronzoli, senza genere, pura commedia umana. Irene come Karin e Katherine è una donna sposata che inizia - o scopre già presente - una deriva che la allontana dal nucleo che fino a quel momento scaldava la sua vita: la famiglia si spezza (la morte/suicidio del figlio sblocca la stasi), il suo ruolo sociale si sposta verso il basso, arrivando a sperimentare l'alienazione da catena di montaggio (la sequenza giustamente più celebre), e infine l'esclusione dalla socialità, chiusa in una casa di cura perché incomprensibile - Giovanna d'Arco, senza mistiche e voci, che non salva nemmeno se' stessa.
Europa 51 segue la sua protagonista in un progredire di frustrazione: dall'ignoranza al risveglio Irene non guadagna nulla se non la coscienza di sé e quindi la consapevolezza del suo fallimento e della sua solitudine.
Rossellini vede l'individuo ed il suo mondo, nulla risparmia all'ipocrisia borghese, al conformismo che piaga gli animi, con uno stile che non è ancora giunto alla disturbante scabrosità del Viaggio e si è distaccato dalla discontinuità (pur fascinosa) di Stromboli raggiungendo uno dei vertici del suo cinema, non didattico né sentimentale, aperto alla speranza -infilmabile- ed all'espressione dell'umanità, grazie anche all'interpretazione della Bergman, dubbiosa e duttile, vittima dallo sguardo ottuso ma dal sentimento vergine.