TRAMA
La Terra, 70 anni prima, è stata attaccata dalla razza aliena dei Formic. Il comandante della Scuola della Guerra ha individuato il ragazzino che, per le sue capacità, potrà guidare la flotta contro di loro e prevenire un altro attacco.
RECENSIONI
Non il solito film di fantascienza con, su e per ragazzini: la fonte è il romanzo premio Hugo e Nebula “Il gioco di Ender”, pubblicato da Orson Scott Card nel 1985 e trasposto anche in fumetto dalla Marvel. Gavin Hood, anche sceneggiatore, lo traduce per il grande schermo in modo discreto, avendo riguardo per la spettacolarità e le rassicuranti convenzioni, ma preservando il flusso di pensieri dei protagonisti e le riflessioni non spicciole sull’arte della guerra (vedi le sorprendenti strategie di Ender), sulle caratteristiche della leadership e sui principi etici stile Gene Roddenberry. La sintonia con il testo, forse, è dovuta ad una sorta d’identificazione del regista con il protagonista: a 17 anni, infatti, fu strappato alla famiglia dall’esercito. I caratteri sono ambivalenti e ben costruiti, su tutti quello di Harrison Ford, padre/protettore sin troppo autoritario, e quello di Asa Butterfield (Ender), adolescente con traumi, con espressioni di violenza e/ma qualità superiori, che sa porsi con gli altri e superare le difficoltà. Niente è come sembra, e non è poco per un film di genere: il predestinato non è ignaro, inetto o emotivo ma conscio delle proprie abilità, determinato ma con un codice morale; non si nasconde che la “Hogwarts” di turno abbia ben poco di etico/educativo, poiché deve insegnare competizione e sopravvivenza (e Hood, lode a lui, non fa sconti edulcorati); l’aspetto ludico dell’opera, che trasforma il protagonista di un videogioco in eroe per la Terra, è prima cavalcato per scene d’azione digitali (affidate alla Digital Domain) in una cosmogonia virtuale (fuori e dentro il film), poi annichilito nel paragone con la realtà (l’inatteso colpo di scena finale).
