Commedia, Recensione

EMMA.

Titolo OriginaleEmma.
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione2020
Genere
Durata124'
Sceneggiatura
Trattodal romanzo Emma di Jane Austen
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Dal romanzo di Jane Austen pubblicato nel 1825, questa è la storia di Emma, “bella ricca, intelligente” e senza alcun interesse nell’amore o nel matrimonio. “Un’eroina che non piacerà più di tanto a nessuno, a parte me stessa” la definì la grande scrittrice.

RECENSIONI

 


Non si entra facilmente nel cuore di Emma., (nome di donna e di film seguito da un punto, con quell’essenziale, pulita assertività d un’Antonia., per esempio) come Emma. non entra facilmente nel nostro: ci vogliono almeno quattro stagioni e, per una volta, non si parla di serie. La prima è "Autumn.", naturalmente, anch'esso puntato, delicato vezzo della regista quasi cinquantenne al suo primo film, ma già autrice di una certa quantità di corti e videoclip e con un occhio fotografico degno dell'attitudine da dandy che rende giustizia al Wilde che porta nel nome.

Johnny Flynn e Anya Taylor-Joy fotografati da Autumn de Wilde per Vogue, febbraio 2020

Non che sia il più soft dei cuori, ma anche quello di Anna Wintour, monarca assoluto della moda da almeno trent’anni, non è stato sedotto dalla notizia di un nuovo adattamento austiniano di cui "non c’era bisogno"; salvo poi accorgersi che sì, ce n'era bisogno, e sedurre a sua volta gli astanti allestendo una proiezione speciale al Whitby Hotel sulla 56esima strada della 5th Avenue, nella culla del design, dello shopping, delle gallerie artistiche, dei ristoranti di lusso e dei musei di Manhattan. Ovvero, come accendere desideri amorosi lungamente sottaciuti con un inatteso sfioramento di mussola, sottile come certi giochi di parole, e congedare gli ospiti fra la smania di baci e quella di acquisti. Perché il Regency fashion rielaborato nei costumi di Alexandra Byrne con un sentore di raffinata pasticceria che ricorda la Marie Antoniette  di Sofia Coppola intesse desideri nell'andersoniana geometria delle inquadrature: richiami che si stemperano nella campagna inglese, fra carrozze e gentiluomini romanticamente a piedi, e nella penombra dei salotti, in una bellezza ritmica e artefatta che si concede gradualmente, nascondendo la sua pulsionalità nel dettame vaporoso che fa del film in costume un film di costume, pienamente austeniano.
La fredda, autocosciente formalità britannica col suo intrinseco compiacimento sfocia in bizzarria, in quadretti sopra le righe -dal prelato moralista e ipocrita alle scolarette che guizzano in mantelline rosse, come indizi sanguigni-. Siamo lontani dalla girandola di abbracci del nuovo Piccole Donne, quanto dalla penna americana di Louisa May Alcott e dall’autorialismo dichiarato di Greta Gerwig attraverso la ribelle Joe. Quella solidale, costante cucitura dei conflitti fra le eterogenee sorelle March che si estende simbolicamente al presente è l’antitesi del rapporto Emma-Harriet, legame socialmente impari che richiederà un emendarsi della prima e un risvegliarsi della seconda: la fioritura del rapporto avviene in seguito a una crescita personale il cui complice è il contraltare maschile.

Nelle mani della regista di Woodstock, è una conquista graduale quella che passa attraverso lo strano fascino di Anya-Taylor Joy dai grandi occhi distanziati da mantide, le labbra appuntite, la postura di una colonna e la medesima malleabilità; "bella, ricca e intelligente" in cui "bella" è in effetti un "handsome", aggettivo prettamente dedicato agli uomini che, rivolto a una donna, pone il significato fuor di delicatezza e lo estende all’essere di aspetto forte e in salute: Emma ci racconta che va dal medico per accontentarlo, visto che sta sempre benissimo. Quella stessa inappuntabile e inoppugnabile Emma che sgorgherà sangue dal naso al momento della confessione amorosa: romance che frantuma l’autocontrollo manipolatorio, ragione, sentimento e epistassi (praticamente il leitmotiv della Elle di Stranger Things).
Anna-Taylor Joy dice che si è trattato di un sanguinamento reale, fortunatamente filmato; e noi siamo liberi di crederci o no. Di certo era assente nel romanzo. E risulta l’esito perfettamente vitale di pulsioni lungamente represse, svelate appena da una danza che, poco prima, suggeriva formidabili desideri dietro labilissimi contatti, meritando, nel montaggio più danzante e più tattile dei protagonisti stessi, un posto fra le sequenze di ballo più sensuali del cinema in costume.
E poiché le opere dei grandi autori devono spesso essere tradite per brillare, a conferma del loro carattere atemporale che non va mai frainteso con l’eterna chance di una pedissequa trasposizione, Emma. si appropria del suo tempo, della sua attualità, liberando passo dopo passo la protagonista dal giogo del ruolo imposto e autoimposto e, nel presente neofemminista, sfugge tanto alla denuncia della costipazione quanto alla riaffermazione di genere, mettendo in scena una straordinaria parità nel regalarci con Johnny Flynn il George Knightley più bello, che sostituisce l’eroe salvifico tipico del quixotic romance che giungeva per redimere l’antieroina dalla propria bizzarria, con il complice ideale e l’innamorato perfetto. Lontano dalla vezzosità svenevole dell’Emma del '96 (Gwyneth Paltrow nei suoi panni) e curiosamente più vicino al modernissimo Clueless (Ragazze a Beverly Hills, 1995) con Harriet interpretata dalla compianta Brittany Murphy che Mia Goth sembra avere ben presente nella propria recitazione, la versione di Autumn de Wilde risulta, se possibile, di una filologica contemporaneità: perfettamente contemporaneo, perfettamente d’epoca.

Cinecromie -  Fra Primule e Pulci

Abiti da giorno, Le Beau Monde, 1808

Balza agli occhi in piena locandina l’abito giallo di Emma, in pendant con la scritta Emma, su uno sfondo tutto dipinto, a suggerire una favola edulcorata con due "cavalieri" al fianco. Ma si trattava dello stesso colore che troneggiava indosso alla Cate Blanchett di Elisabeth (1998), replica di un ritratto della Regina del XVI secolo, che ritrovavamo lo stesso anno in Shakespeare in Love, che ricompare indosso alla stessa Anna-Taylor Joy nella miniserie seicentesca della BBC The Miniaturist (2017).
E rieccolo nell'epoca detta della Reggenza, quel decennio del primo Ottocento inglese che vide fiorire arte e architettura e emergere personalità quali William Blake, John Keats, Lord Byron, John Constable, William Turner e la stessa Jane Austen, all’interno di un lungo elenco; quell'epoca in cui l'Inghilterra adottava la moda francese di Giuseppina di Beauharnais più nota come Giuseppina Bonaparte, innamorandosi dello stile Impero dopo aver sconfitto quello napoleonico: l'epoca che, tra lassismo di corte e proteste sociali, fra splendore culturale, fermento politico e dormienza cortigiana, abbraccia tanto Waterloo quanto Peterloo (evento narrato nell’imperdibile film di

A sinistra, Johnny Flynn e Anya Taylor-Joy fotografati da Autumn de Wilde; a destra, abito da sera, 1810, V&A museum.

Mike Leigh del 2018). Fu l'epoca della moda che scelse per gli uomini il taglio attillato e per le donne si disfece della costipazione dei bustini per votarsi alle polmoniti: vide l'innamoramento già francese per le stoffe leggere, che ricadevano lungo il corpo disegnando silhouettes grecizzanti e che, come non fu solo bianca ma variopinta l'Antica Grecia, non furono solo bianche ma variopinte. Fra i tanti, immancabili toni di rosso sempre amatissimi nelle vesti femminili, piaceva il -brutto a dirsi- color "pulce", un rosato purpureo con una punta di marrone e, fra i toni di giallo, la delicatezza del primula e l'intensità dell'enotera: il nostro finto oro da locandina che viene in realtà da un fiore. E floreale fu, per chi potè permetterselo, quella realtà che fluttuava fra salotti e matrimoni ben assortiti che la nostra Emma, in virtù della sua ricchezza, proprio come l'alcottiana zia March, poteva dilettarsi a programmare per altri sfuggendone in prima persona. Ma non aveva ancora trovato la danza giusta.

Badly done/well done, indeed, Emma!

Le trasposizioni austeniane, su grande e su piccolo schermo, hanno conosciuto ciclici periodi di fioritura. I più recenti sono arrivati alla metà degli anni Novanta, dopo oltre un decennio di silenzio (su tutte la versione BBC di Orgoglio e pregiudizio con Colin Firth, da molti ancora oggi la più amata) e, successivamente, a partire dal 2005 (soprattutto ad opera della BBC). Si è poi passati agli universi alternativi, con versioni moderne, gialle, zombi, fino alla riscoperta delle opere giovanili della scrittrice (Amore e inganni) e dell'ultimo abbozzo di romanzo, del tutto incompleto (Sanditon). Jane Austen resta dunque un punto di riferimento per una fetta di lettori/spettatori ed una grande risorsa, come dimostrato dall'abbondanza di club letterari, eventi, raduni e viaggi a tema. Emma ha avuto addirittura due versioni nel 1996, per il cinema con Gwyneth Paltrow e per la tv con Kate Beckinsale, poi una serie BBC in 4 puntate nel 2009, limitandoci alle versioni "ufficiali" (Ragazze a Beverly Hills del 1995 è il più noto degli aggiornamenti). Ed eccoci nel 2020 con un nuovo Emma. (col punto). Girato, come è scritto il libro, con ironica leggereza e naturale cura dello stile. Nessuno potrebbe dubitare che non sia l'opera di una fotografa, anche regista di video musicali. Il film si compone di una serie di fotografie (quadri) e di scene minuziosamente coreografate, la musica gioca un ruolo mai casuale. Il sovradimensionamento dei domestici, ad esempio, è funzionale alle coreografie e ad ottenere un effetto comico. Come cornici delle scene gli inamidati servitori danno il ritmo a piccole gag. Il nuovo Emma. è brioso ed agile quanto curatissimo in ogni minimo dettaglio. Volute sono le scapigliature nella condotta dei protagonisti quando restano da soli: Emma alza la gonna, si toglie le calze e siede scomposta, Knightley si sdraia sul pavimento e corre a perdifiato. Certo, anche Emma è in fondo una ragazza, Knightley è innamorato, e le scene sono inserite anche per attenuare il bon ton dell'universo in lindi colori pastello e merletti rappresentato sullo schermo. L'unica concessione che rimane veramente gratuita e fuori luogo è il nudo iniziale del protagonista. Lo sguardo della regista è dunque estremamente personale, consapevole di ogni scelta visiva. C'è però anche il confronto con l'opera narrativa, che pare colta nel suo spirito essenziale ma non in alcune sue prerogative non trascurabili. Emma, innanzitutto, deve essere un po' vanitosa (anche se non riguardo al proprio aspetto), cocciuta, ma non deve mai risultare più antipatica che buona - cosa che accade fino a due terzi del film, finchè non si dimostra capace di empatia e pronta a pentirsi. Anya Taylor Joy convince a metà. La scelta degli interpreti lascia perplessi sotto vari punti di vista. Sono tutti mediamente bravi, ma spesso meno avvenenti di quanto l'autrice intendesse (Emma, Frank, Harriet, Elton dovrebbero esserlo per copione). Knightley è probabilmente l'attore meno in parte, privo della sicurezza e del fascino del suo personaggio - Johnny Flynn era perfetto, per capirci, come Dobbin in Vanity fair. Ancor più strana, in una pellicola tanto attenta all'aspetto visivo ed ai simbolismi, appare la sproporzione evidente nella statura dei personaggi: Emma dominata dalla signora Bates, di ceto tanto più basso, e Knightley da Frank Churchill, sul quale dovrebbe invece svettare per superiorità morale. I "cattivi", almeno, sono da operetta come Austen comanda, e Bill Nighy si fa perdonare col carisma la totale inadeguatezza al personaggio.
La vera falla di questa versione 2020, però, è decisamente in alcune scelte di sceneggiatura. Sceneggiatura che, pur rispettando in molte parti il testo originario, dal quale mutua alcune frasi decisive, opera tagli scriteriati che alterano ed indeboliscono la trama e la sua coerenza. Emma è una storia di intrecci ed equivoci, veri indizi e false tracce, coppie speculari che si mescolano. I personaggi di Jane e Frank, centrali negli equilibri e nella geometria della storia, sono invece ridotti a semplici comparse prive di ruolo narrativo. L'interesse di Emma per Frank viene accennato e poi lasciato cadere completamente nel nulla; in egual modo se non si evidenzia l'inganno di Frank perde ogni senso l'insistito riferimento a Dixon ed appare incomprensibile la crisi di Jane durante la visita alla dimora di Knightley e la sua conseguente fuga. Ci sono poi scene, in questo genere di film, che non ci si può permettere di sbagliare nè di dissacrare. La scena del ballo supera la prova (nonostante l'assenza - simbolica - dei guanti di Emma), non quella cruciale della dichiarazione, tra epistassi - simbolica - a demolire la tensione ed uscite impensabili all'epoca ("Harriet è innamorata di voi"). Di peggio fece solo una vecchia versione italiana di Orgoglio e pregiudizio con Virna Lisi, alla quale mancava la scena della dichiarazione. Per fare un confronto, nella versione cinematografica del 2005 di Orgoglio e pregiudizio (Joe Wright, non a caso) le infedeltà al testo originario non pregiudicano la riuscita dell'opera. Sono espressione di una lettura più romantica e leggermente più moderna del romanzo. Ragione e sentimento del 1995, con la sceneggiatura di Emma Thompson (una che se ne intende) e la regia di Ang Lee, prevedeva pochissimi cambiamenti e nessun tradimento - si limitava a rendere più emozionante il finale ed eliminare una scena di pentimento di Willoughby (ben riassunta, più efficacemente, nell'ultima inquadratura). Le trasposizioni dalla Austen precedentemente avevano avuto regie classiche più che autoriali, specie negli impeccabili prodotti BBC. La versione televisiva di Emma con la Backinsale era stata corretta ma anonima. Al cinema, al contrario, Ang Lee e Joe Wright avevano diretto pellicole non prive di personalità, esaltando oltre il testo il coinvolgimento ed il romanticismo. Emma. della de Wilde ha un po' il problema della più recente versione di Piccole donne: una regia matura e consapevole, a discapito, però, del racconto. Della sua fruibilità e capacità di coinvolgere in quel caso, della sua ricchezza ed equilibrio in Emma. Chi conosceva già la trama potrà essere soddisfatto del nuovo taglio (ma raramente i fan letterari accettano gli sconvolgimenti), ma i neofiti si chiederanno a che cosa serve la presenza di Jane e Frank e qual è il senso di alcuni riferimenti fugaci. Guardando al bicchiere mezzo pieno, questa nuova versione si è almeno dimostrata divertente e personale, il che non è poco vista l'abbondanza dei precedenti.