TRAMA
La terra è attaccata dai Mimic, razza aliena di stampo biomeccanico o qualcosa di simile. Il maggiore Cage, non-soldato codardo, viene catapultato in battaglia dove muore nel giro di una manciata di minuti. Ma rinasce. E rimuore. E rinasce. Così via fino a che Tom Cruise decide che è arrivata l’ora di fare Tom Cruise.
RECENSIONI
C'è del buono. Per chi, come me, ha (anche solo un vago) interesse per le progettualità teoriche e stupidaggini simili, Edge of Tomorrow rappresenta un interessante oggetto di analisi. Nei primi due terzi di film, infatti, le aspettative spettatoriali sono sistematicamente disattese. Sarebbe lecito attendersi un fanta/action con la semidivinità Tom Cruise che gigioneggia come se non ci fosse un domani ma ci si ritrova uno strano ibrido tra Groundhog Day e Source Code, in cui un protagonista 'negativo' è inserita in un loop che, di fatto, infradicia le polveri dell'azione tradizionale e innesca un mood sospeso tra il distacco ironico e l'autosabotaggio. La grandeur è frammentaria e ripetitiva, priva di pathos, ed emerge come una discrasia, col dispendio di mezzi e le acrobazie registiche (bello il long take del primo lancio dall'elicottero) che si scontrano con il giochino del coitus interruptus ad libitum, fortemente antispettacolare e intenzionalmente frustrante.
Giochino che, comunque, non è portato alle estreme conseguenze. Gradualmente, Liman normalizza la situazione dilatando i tempi dei loop, diversificando le situazioni e cercando di dare giustificazioni narrativamente plausibili: Cruise/Cage diventa un soldato coi controfiocchi, finalmente degno di Cruise, ma solo perché viene addestrato a ogni resurrezione. E nei 20 minuti finali, sempre il nostro Tom supereroizzato perde il potere di riavviare la giornata, il che standardizza definitivamente il film, lo allinea con le aspettative iniziali ma conduce, ahinoi, a un finale vergognoso, diegeticamente idiota, che non potrà non avere ripercussioni esiziali sul karma degli sceneggiatori. Edge of tomorrow rimane comunque un oggetto curioso, 'superproduzione con star'non priva di un suo (iniziale) coraggio, il coraggio di divergere e di non mantenere le promesse (salvo, lo ribadiamo, rimangiarsi tutto in uno dei finali più brutti della Storia del Cinema). Abbondanti, infine, le citazioni inter- e intra-mediali. Per il cinema basti ricordare, oltre ai titoli citati, Starship Troopers, lo sbarco in Normandia spielberghiano o le creature aliene similmacchine matrixiane, ma è soprattutto parlando di videogiochi che le cose si fanno interessanti. Al di là, infatti, delle citazioni dirette (lo spadone à la Cloud Strife di Final Fantasy, solo per dirne una) è proprio strutturalmente che il film ripercorre dinamiche prettamente videoludiche. Il tutto, infatti, non solo si configura come un progressivo avvicinamento all' end-of-game-boss, aspetto di per sé banale e stravisto, ma grazie al suo continuo restart riproduce il noto meccanismo del trial and error, di fatto un po' in disuso nell'epoca dei checkpoint 'infiniti', ma innegabile croce e delizia dei vecchi hardcore gamers.
L’idea portante del romanzo breve di Hiroshi Sakurazaka, illustrato da Yoshitoshi Abe nel 2004 (in seguito diventato anche fumetto), non è una novità: Ricomincio da Capo e Source Code la condividono e la declinazione del giapponese è figlia dei videogiochi, dove il livello non superato è affrontato da una nuova “vita”, con nuovo bagaglio di conoscenze (sapere il “futuro”). Ma Doug Liman restituisce un prodotto ludico nel senso migliore del termine, due ore implacabili di azione tonica e (mal)sano cameratismo da guerra di fanteria dello spazio, con sprazzi di commedia (assenti nell’originale), visite a Parigi e Trafalgar Square e il supporto del reparto effetti speciali che, fra esoscheletri e sbarchi da Normandia (riferimento cinematografico che sostituisce l’invasione di Tokyo del romanzo), rende lo spettacolo un piacere anche visivo. Gli sceneggiatori (anche registi in proprio) Christopher McQuarrie e Jez Butterworth sanno movimentare la monotonia del repetita iuvant, con un labirinto a incastri alla Christopher Nolan: ripetizioni che sono organizzate in modo intrigante anche a livello spaziale, aggiungendo brani non visti prima e rivelando solo a sprazzi che il protagonista li ha già vissuti. Introducono, con parsimonia, anche una traccia romantica. Puro divertimento senza pretese, alla grande.