Animazione, Drammatico, Fantastico, Netflix

DOV’È IL MIO CORPO?

Titolo OriginaleJ'ai Perdu Mon Corps
NazioneFrancia
Anno Produzione2019
Durata81'
Musiche

TRAMA

Una mano mozzata è alla disperata ricerca del suo corpo, mentre dei flashback raccontano la vita del giovane Naoufel, corriere di una pizzeria che cerca di conquistare il cuore di Gabrielle.

RECENSIONI

Poche cose sono difficili da disegnare come una mano... figuriamoci animarla. In Disney sono famosissime e oggetto di studio quelle ad opera di Milt Kahl, uno degli storici Nine Old Men, oppure quelle tratteggiate con incredibile resa plastica dal leggendario Glen Keane, che dalla sequenza della trasformazione de La Bella e la Bestia fino a Tarzan, ha sempre dimostrato il suo talento nello scolpire a matita volumi anatomici. Dalle note di produzione di Dov'è il mio corpo? si apprende che il nome della mano co-protagonista del film insieme a Naoufel è Rosalie e realizzarla non è stato affatto facile; il regista Jérémy Clapin ha specificato sin da subito di volersi distanziare da Mano - il personaggio anch'esso privo di corpo de La Famiglia Addams, celebre in tv e come al cinema e da poco di nuovo sul grande schermo con un riadattamento in CG non deludente ma facilmente dimenticabile - e trovare un linguaggio "corporale" inedito e distintivo, capace di dar voce a Rosalie senza ricorrere ad un voice over, scelta, se vogliamo, più fedele al romanzo di partenza Happy Hand, dove Rosalie narra la vicenda in prima persona. Clapin ha adattato il libro - si consenta il vezzo - a quattro mani, col suo stesso autore Guillaume Laurant, che gli ha lasciato l'enorme libertà creativa di cambiare la struttura del racconto e inserire nuovi, riuscitissimi elementi, come ad esempio l'incontro al citofono tra Gabrielle e Naoufel o il registratore che il ragazzo usa. Ma la prima modifica viene fatta proprio al titolo, sfortunatamente non rispettato a pieno nella traduzione italiana: J'ai perdu mon corps, ho perso il mio corpo, mettendo in chiaro sin da subito che il focus della vicenda non è la quest di Rosalie, quanto la perdita di una parte di sé stessi e della propria innocenza.

Tre piani temporali si intrecciano in un racconto cinematografico agile e scorrevole, dove salti e stacchi sono innescati dalla memoria sensoriale ed emotiva che Rosalie conserva e che, di fatto, la anima nella sua corsa forsennata in una giungla cittadina, inquadrata secondo insolite prospettive, dove suoni, rumori, sensazioni evocano gli eleganti flashback in bianco e nero che raccontano l'infanzia di Naoufel fino alla morte dei genitori in un incidente stradale e il terribile senso di colpa che l'accompagna. Oppure richiamano il recente passato, che narra dell'amore del ragazzo per Gabrielle, e procede, tra alti e bassi, fino a quella amputazione che ha segnato la scissione di un "io" e si risolve (?) in un finale aperto e intrigante che sancisce l'impossibilità di un ricongiungimento fisico, permettendone però uno spirituale. Il comparto tecnico lavora in totale sinergia per confezionare allo spettatore una quanto più completa esperienza sensoriale. Silenzi e rumori sono minuziosamente curati e dettagliatissimi, complice anche l'espediente del registratore che Naoufel utilizzava da bambino per intrappolare il mondo e il proprio passato, mentre il compositore Dan Levy dei The Dø affida a sole tre note il tema principale, melanconico ma – a suo dire - pieno di speranza, completando le musiche con canzoni originali hip hop, rap, electro, fino a “La Complainte du Soleil”, semplice voce e chitarra, entrambi sognanti, che chiudono il film. Le immagini sono invece frutto di una tecnica mista il cui risultato finale ricorda un film in animazione tradizionale, reso possibile dalla collaborazione di due studios situati in tre location diverse. Personaggi e props sono stati modellati in 3D dagli studi parigini di Xilam, che si sono occupati anche degli storyboard, degli animatic e del compositing finale. La sede di Lyon ha curato invece il layout 3D affidando la sola animazione 3D allo studio Gao Shan, nelle isole della Rèunion, per poi effettuare un passaggio di rotoscoping.

Gli enormi vantaggi della CG hanno permesso di gestire facilmente i complessi volumi di una mano, libera così esprimersi in una performance ricca di sfumature ed estremamente dinamica. Il software open- source Blender è stato utilizzato non solo per l'animazione in CG ma anche per il rotoscoping tramite la feature Grease Pencil, che permette di disegnare direttamente sopra i modelli 3D tramite dei layer che si legano ad essi, evitando di dover ricalcare ogni singolo frame. Un'idea già sfruttata dalla Disney nel suo corto Paperman che, guarda caso, aveva anch'esso al centro una storia romantica con elementi fantastici (gli aereoplanini di carta) in un contesto cittadino e ordinario. Il tono del film è ovviamente lontano dal rassicurante, incantato spirito di un classico disneyano, così come dall'aura mistica di un cartoon giapponese, ma rappresenta un ennesimo e riuscito esempio di animazione à la française, di un filone in particolare, quello de La Tartaruga Rossa e Phantom Boy per intenderci, dove reale e surreale collidono in storie familiari, universali, tragiche ed intime, conferite al pubblico senza concessioni accomodanti. Il piccolo miracolo di cui il film - vincitore di innumerevoli premi a Cannes, Annecy e ai César - si fregia sta proprio nel riuscire a far passare come convincente e plausibile una premessa quanto mai assurda che si dispiega in un universo che nulla ha di magico o fiabesco, minacciato da un fato che incalza implacabile a cui si può, forse, sfuggire solo con gesti “imprevedibili e irrazionali” seguiti da una folle corsa per impedire che esso recuperi terreno, per poi “incrociare le dita”. A cosa porti questa corsa Naoufel non lo dice, né tanto meno il film che si chiude, quasi inconcluso (ma non inconcludente), con tre sguardi aperti verso l'orizzonte.

Vincitore alla Semaine de la Critique, Cannes 2019.