Drammatico, Recensione

DA QUI ALL’ETERNITÀ

Titolo OriginaleFrom here to eternity
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1953
Durata118’

TRAMA

1941, vigilia dell’attacco giapponese a Pearl Harbor: a Ohau, Hawaii, il pugile professionista Prewitt è vessato perché non vuole partecipare ai tornei di boxe dell’esercito. Un suo amico muore a causa della disumanità del campo di punizione.

RECENSIONI

Melodramma che ha fatto epoca fra scandalo (il bacio fra Burt Lancaster e Deborah Kerr, avvinghiati seminudi sulla spiaggia), crudezza e sapori tragici. Adattando il best seller di James Jones, Fred Zinnemann è come se improntasse la pellicola alla cupezza della disfatta a venire (Pearl Harbor) con sapori da punizione biblica per un contingente militare che, nel rilassamento indifferente alla guerra in atto, si dedica a gratuita violenza, opportunismo e lussuria (oppure, masochisticamente, anela alla fine della propria infelicità). Governa mirabilmente e con lucidità i singoli racconti, portandoli tutti a compimento in un senso condiviso. Non potendo essere altrettanto esplicito rispetto al romanzo (nel sesso, nella brutalità e nell’invettiva contro l’esercito), con lo sceneggiatore Daniel Taradash lavora di fino per suggerire, evocare, riportare intatto il potenziale della pagina scritta e ottenere comunque il beneplacito della censura. Un’opera penetrante, malinconica ed esistenziale (al personaggio di Montgomery Clift sono affidati i “credo” più pregnanti sull’endemica solitudine dell’essere umano e sulla necessaria coerenza dell’individuo), che vinse otto Oscar, fra cui miglior film, sceneggiatura, regia, interpretazione di Frank Sinatra (simpatico sbruffone) e di Donna Reed.