Drammatico

COSTA BRAVA

Titolo OriginaleCosta Brava
NazioneLibano, Francia, Spagna, Svezia
Anno Produzione2021
Durata106'
Fotografia

TRAMA

L’anticonformista famiglia Badri è sfuggita all’inquinamento di Beirut cercando rifugio nell’utopica casa di montagna che ha edificato. Ma un giorno una discarica viene costruita proprio sul terreno accanto al loro, portando i rifiuti e la corruzione di un’intera nazione sulla soglia di casa. Insieme ai rifiuti aumentano anche i dubbi, se partire o resistere, minando l’idillio e l’unità della famiglia.

RECENSIONI

La regista Mounia Akl inscena una storia famigliare che si riflette sulla pelle di un Paese: il Libano oggi, deluso dalla classe politica e rassegnato, quindi immobile, che abbandona la lotta e preferisce farsi da parte. Come la famiglia Badri, fuggita dalla devastata Beirut per riparare in campagna, fuori da tutto, dove costruire un’oasi idillica che respinge ogni mobilitazione ma permette di “vivere”. L’incanto viene spezzato dall’inizio dei lavori per una grande discarica: un cantiere davanti agli occhi che minaccia la loro Costa Brava, che riporta in casa la questione ambientale e insieme riapre quella umana. Nel nucleo si riflettono tra loro le generazioni, dalla nonna “ribelle” alla bambina già matura, passando per il padre che mantiene un rigido equilibrio basato sulla “controvita”: ritrarsi e chiudere gli occhi, limitandosi alla routine bucolica, soli con le proprie delusioni e al riparo da altre. E la madre incarnata in Nadine Labaki, che da attrice porta alcune tracce del suo cinema, ovvero il personaggio più enigmatico, sfuggente, illeggibile, diviso tra passato e presente.
L’intreccio famigliare si sviluppa insieme al senso politico, il privato abbraccia il pubblico, i membri e le spinte del nido domestico si confrontano tra slanci, incomprensioni e punti di contatto. La nuova situazione innesca un percorso sofferto, che tocca i nervi fragili dei caratteri e attraverso di essi solleva problemi di Stato (la militanza perduta, una donna che non canta più). Le ruspe scavano nel terreno e in questa famiglia e alla fine la dissotterrano, scoperchiano i desideri di ognuno, fanno emergere il loro sentire reale: arrivare al nocciolo di se stessi, come sempre, è il preludio di una svolta. Seppure la parabola di fondo resti prevedibile la regista, sfruttando a dovere lo spazio riarso del paesaggio libanese, riesce a tessere le fila di un discorso che è sociale, politico, intimo: i tre piani si specchiano tra loro con equilibrio, senza lasciarne emergere uno che si mangi la narrazione. La storia dunque respira e assume valore simbolico: una famiglia, il Libano.