TRAMA
Un serial killer imita le tecniche omicide di illustri colleghi del passato. L’ispettrice della squadra omicidi M.J. Monahan chiede la collaborazione di un’esperta psicologa, Helen Hudson, che è riluttante, dato che un suo ex-paziente ha tentato di ucciderla.
RECENSIONI
Eccellente la prima parte: fa dimenticare la serialità dell’uscita cinematografica in piena moda da Il Silenzio degli Innocenti (serial killer, controparte femminile, omicidi creativi). Sceneggiatura (Ann Biderman e David Madsen) e regia sono dotate, scovano dettagli, allusioni e reazioni mentali affatto scontate: lo studio psicologico e statistico di questa patologia criminale, particolarmente diffusa nel XX secolo (non a caso, ma anche per quanto ne sappiamo), arriva a concludere, alla Walter Benjamin, che nell'era della riproducibilità tecnica l’aggettivo seriale s’applica agli archetipi come ai manieristi che, invogliati dall'attenzione ottenuta dai mass media, eliminano più facilmente i propri freni inibitori in cerca di fama (la "Fame" di David Bowie). Predestinata, però, la contraddizione degli autori nel momento in cui condannano violenza e morbosità mettendole in scena: in questo senso l'ultima parte, ricca di tensione e convenzioni, è solo incoerente censura della strumentalizzazione che diviene essa stessa spettacolo, dimenticando le premesse (auto)riflessive. Lo stesso epilogo ammiccante, con i discepoli del maniaco già pronti alla (reiter)azione, è più effettistico che inquietante, e manda in fumo molte delle intriganti e complesse suggestioni. Ciò non toglie che la pellicola, efficace e coinvolgente, contenga più d'un elemento per farne un prodotto al di sopra della media di genere: dalla confezione impeccabile (da ricordare la figuratività dell'impiccagione di Helen Hudson, con il gioco di colori fra il suo vestito rosso e il bagno imbiancato), a sequenze insolite come quella in cui Helen, vittima dell'agorafobia, fatica a raccogliere il giornale o quella in cui abborda il poliziotto perché vogliosa di sesso dopo tredici mesi di clausura. Prezioso il disegno psicologico delle due protagoniste, sottilmente e velenosamente divise fra competizione e ammirazione, ed impeccabili le loro interpretazioni di una tipa furba e volitiva (Holly Hunter) ed una cupa e timorosa (Sigourney Weaver).
