Recensione, Thriller

COPYCAT

Titolo OriginaleCopycat
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1995
Genere
Durata123'

TRAMA

Un serial killer imita le tecniche omicide di illustri colleghi del passato. L’ispettrice della squadra omicidi M.J. Monahan chiede la collaborazione di un’esperta psicologa, Helen Hudson, che è riluttante, dato che un suo ex-paziente ha tentato di ucciderla.

RECENSIONI

Eccellente la prima parte: fa dimenticare la serialità dell’uscita cinematografica in piena moda da Il Silenzio degli Innocenti (serial killer, controparte femminile, omicidi creativi). Sceneggiatura (Ann Biderman e David Madsen) e regia sono dotate, scovano dettagli, allusioni e reazioni mentali affatto scontate: lo studio psicologico e statistico di questa patologia criminale, particolarmente diffusa nel XX secolo (non a caso, ma anche per quanto ne sappiamo), arriva a concludere, alla Walter Benjamin, che nell'era della riproducibilità tecnica l’aggettivo seriale s’applica agli archetipi come ai manieristi che, invogliati dall'attenzione ottenuta dai mass media, eliminano più facilmente i propri freni inibitori in cerca di fama (la "Fame" di David Bowie). Predestinata, però, la contraddizione degli autori nel momento in cui condannano violenza e morbosità mettendole in scena: in questo senso l'ultima parte, ricca di tensione e convenzioni, è solo incoerente censura della strumentalizzazione che diviene essa stessa spettacolo, dimenticando le premesse (auto)riflessive. Lo stesso epilogo ammiccante, con i discepoli del maniaco già pronti alla (reiter)azione, è più effettistico che inquietante, e manda in fumo molte delle intriganti e complesse suggestioni. Ciò non toglie che la pellicola, efficace e coinvolgente, contenga più d'un elemento per farne un prodotto al di sopra della media di genere: dalla confezione impeccabile (da ricordare la figuratività dell'impiccagione di Helen Hudson, con il gioco di colori fra il suo vestito rosso e il bagno imbiancato), a sequenze insolite come quella in cui Helen, vittima dell'agorafobia, fatica a raccogliere il giornale o quella in cui abborda il poliziotto perché vogliosa di sesso dopo tredici mesi di clausura. Prezioso il disegno psicologico delle due protagoniste, sottilmente e velenosamente divise fra competizione e ammirazione, ed impeccabili le loro interpretazioni di una tipa furba e volitiva (Holly Hunter) ed una cupa e timorosa (Sigourney Weaver).