Recensione, Western

C’ERA UNA VOLTA IL WEST

TRAMA

Frank, al soldo della ferrovia, stermina la famiglia McBain, non sapendo dell’arrivo di una neo-vedova. Il misterioso uomo con l’armonica è sulle tracce di Frank, mentre il criminale Cheyenne, sfuggito alla giustizia, si mette in mezzo.

RECENSIONI

Sergio Leone alza il tiro ricercando i lunghi silenzi ed una lentezza magniloquente (celebre, in questo senso, il prologo). Si allontana dallo "spaghetti-western" in un'opera autorale, citazionista, lirica, grave, musical(e) (i protagonisti, se contrapposti, hanno un differente tema musicale che li accompagna) ed allegorica, nel momento in cui il treno, ad esempio, è il segno del progresso per la fine del Mito: il villain (ruolo insolito per lui) di Henry Fonda condivide con il personaggio di Charles Bronson (altro “lancio internazionale”, dopo quello di Clint Eastwood) il testimonial di una razza in via d’estinzione in una danza funebre (stesso tema musicale con variazioni) mentre c’è posto, nella nascita di una nazione, per una figura femminile (Claudia Cardinale). Memorabile la parte finale alla stazione, fulminea (come la Morte) rispetto ai tempi e modi finanche bizantini e faticosi del resto dell’opera. Alla sceneggiatura Dario Argento e Bernardo Bertolucci, reclutati per l'esperienza nel western del primo (Cimitero senza Croci) e nel cinema di genere del secondo (Ballata da un Miliardo).