TRAMA
Capitan Harlock è l’unico uomo che si interpone fra la corrotta Coalizione Gaia e il tentativo di un completo dominio intergalattico da parte di quest’ultima. In cerca di vendetta contro coloro che hanno defraudato lui e l’umanità, il misterioso pirata dello spazio vaga nell’universo a bordo del suo incrociatore da battaglia, l’Arcadia, attaccando e saccheggiando con audacia le navi nemiche. Ezra, comandante della Flotta di Gaia, ordina al fratello minore Logan di infiltrarsi nell’Arcadia e uccidere Harlock. Ma Logan scopre presto che a volte le cose non sono come sembrano e che la nascita di una leggenda avviene sempre per un valido motivo. Harlock spinge il suo leale equipaggio a proseguire nella rischiosissima missione di disfare i “Nodi del Tempo” e riportare la Terra all’epoca in cui era ancora abitata dagli uomini. È l’anno 2977 e 500 miliardi di profughi umani sognano di ritornare sul pianeta che ancora chiamano patria. Il ribelle Capitan Harlock e il suo fidato equipaggio sono per loro l’unica speranza di raddrizzare un giorno i torti inflitti dalla Coalizione.
RECENSIONI
Correva l’anno 1978 quando la Toei Animation produsse la serie televisiva “Capitan Harlock”, tratta dall’omonimo manga di Leiji Matsumoto del 1976. Il cartone animato si ritagliò immediatamente un posto nell’immaginario dei ragazzi a causa dell’atmosfera dark e apocalittica che si respirava. Un netto contrasto con le serie di robottoni dai super poteri che imperversavano allora, dalle dinamiche molto più elementari. Dopo 35 anni Matsumoto ha consentito di rielaborare il suo personaggio per trarne un film in computer grafica. Lo scopo è quello di rinvigorire il mito per le nuove generazioni.
Per farlo si è ritenuto opportuno attuare un vero e proprio reboot, che mantiene atmosfere crepuscolari e afflato filosofico dell'originale, ma rinnova (cambia) le coordinate del racconto. I nostalgici sono quindi avvertiti, ciò che si troveranno davanti ha solo le sembianze di un ricordo (il look di Harlock è praticamente invariato) ma molto presto diventa tutt'altro. Premessa doverosa a parte, il film di Shinji Aramaki (considerato il più esperto e migliore regista giapponese di animazione in computer grafica e votato da Mtv tra i 'Top 11 registi viventi di anime') punta all'intrattenimento per un pubblico internazionale attraverso la creazione (perché in qualche modo, come specificato, si riparte da zero) di un antieroe in grado di ribellarsi contro un sistema ingiusto.
Un personaggio piuttosto controverso, ancora anticonformista, non certo senza macchia e quindi di sicuro fascino per il pubblico più giovane che vuole il bene e il male facilmente riconoscibili, ma comincia a sentire anche il richiamo delle sfumature. Il risultato si caratterizza per la potenza dell’impatto visivo, davvero curatissimo in ogni minimo dettaglio e valorizzato da un 3D efficace e non invasivo. Ancora debole, invece, nonostante i passi da gigante del performance capture, l’espressività dei personaggi di sintesi, dalla resa meno robotica rispetto al passato ma ugualmente glaciale.
Debole anche la sceneggiatura, molto verbosa, con la voglia di spiegare ogni snodo (e sono tanti), ma non sempre in grado di sviscerare in modo fluido la complessità. La conseguenza per lo spettatore è di non appassionarsi mai davvero ai personaggi, ai valori che incarnano e alle sfide che sono chiamati a compiere. Lo spettacolo, condito da molte scene action (stupefacenti ma anch’esse freddine), è garantito, ma è difficile che Harlock, nonostante gli sforzi di proseguirne le gesta (la conclusione apre le porte a nuovi, eventuali, capitoli), riesca a imporsi come brand del prossimo futuro.
La Toei Animation Company, con il beneplacito di Leiji Matsumoto (che non ha obiettato sul “reboot” del suo personaggio, cui cambiano comprimari, aura romantica e radici), mette in piedi una kolossale produzione animata da 30 milioni di dollari, cavalcando uno fra gli eroi più indelebili del suo immaginario (la serie anime è del 1978, il manga del 1976). Lo fa sfidando i giganti occidentali sul terreno più all’avanguardia e di moda, il 3D, trovando estimatori persino in James Cameron (le scene con combattimenti aerospaziali lasciano il segno). Il film è straordinario soprattutto nella cura dello storyboard e del profilmico (Shinji Aramaki è un mago del CGI, nato come meca designer), convince anche nelle modifiche al character design di Harlock e comprimari, anche se il motion capture per animare le figure restituisce movimenti e sguardi meccanici, simili a quelli dei videogiochi. Le carenze sono tutte nella sceneggiatura e, in parte, nel soggetto: quest’ultimo concentra tutte le sorprese, rivelando anche il (nuovo) passato del capitano, nella seconda parte, lasciando vagare la prima in traiettorie insignificanti. La sceneggiatura, invece, è spesso lacunosa, affidata a dichiarazioni auliche (soprattutto di Harlock) che non giustificano l’agire, a ribaltoni clamorosi nelle convinzioni dei personaggi (vedi la conversione fulminea della “spia”), a scene madri patetiche che spezzano il ritmo e a troppe convenzioni narrative, per quanto sforbiciate dalla versione italiana uscita al cinema (che sacrifica il personaggio femminile amato dai due fratelli). Una sceneggiatura che procede per segni, figurine simboliche e atti enfatici, con l’aggravante di fare di Harlock una figura di secondo piano, mero e immortale simbolo di libertà, preferendogli il giovane che deve o meno subirne il fascino.