Recensione, Thriller

BROKEN CITY

Titolo OriginaleBroken City
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2013
Genere
Durata109'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

L’ex-poliziotto Billy Taggart, ora divenuto detective privato, viene ingaggiato dal sindaco di New York per scoprire se sua moglie lo tradisce. Le indagini confermeranno una relazione extraconiugale della donna. Per Billy però sarà solo l’inizio.

RECENSIONI

Broken City sin dalle prime inquadrature non fa mistero della sua natura, manifestandosi come il più comune dei film hollywoodiani in quanto a stile di ripresa, attori che vi partecipano, generi di riferimento e questioni affrontate. Il prologo ambientato sette anni prima della storia vera e propria è uno dei più comuni escamotage del cinema commerciale statunitense per evitare impegnativi lavori di caratterizzazione a livello di scrittura e avere (o credere di avere) la strada spianata creando una sorta di trauma palingenetico al personaggio con la convinzione che il seguito si fa da sé. Allo stesso modo il richiamo a un preciso modello attoriale ed in particolare a un ben determinato cast di star di grande fama, lavora verso una caratterizzazione indiretta del parco personaggi: Russell Crowe porta con sé un passato da duro senza pietà; Catherine Zeta-Jones si connota immediatamente come la donna forte e scaltra; Mark Wahlberg è subito percepito come il ragazzo disturbato con le stimmate dell'eroe; Jeffrey Wright assolve al suo consueto compito di caratterista che a un certo punto entra a gamba tesa nella trama principale; Barry Pepper, infine, veste perfettamente i panni del politico idealista mantenendo però quella percentuale di naturale ossessività che i suoi lineamenti e i suoi ruoli del passato richiamano.

A un'impostazione già abbastanza scandita, per non dire fossilizzata, su un parco personaggi così tanto in character da rendere vano qualsiasi tentativo d'imprevedibilità, si aggiunge una struttura narrativa che fa leva da un lato su un genere di riferimento ormai ampiamente consolidato e riconoscibile e dall'altro su due personaggi esageratamente stereotipati, figli, oltre che degli attori che ne offrono il corpo, anche, e forse soprattutto, di una lunga tradizione in cui il Bene affronta il Male all'interno di uno scenario chiaramente definito, che in questo caso la metropoli newyorkese. L'intersezione  queste due direttrici dà luogo a una narrazione che non offre nulla di originale, incessantemente alla ricerca di un'ambiguità posticcia, volta a restituire la complessità della Grande Mela dove il crimine, le istituzioni e la politica convivono sullo stesso tessuto. Quest'intento, seppur nobile e potenzialmente tutt'altro che arido, non è solo poco originale in un film del genere (Where the Sidewalk Ends di Otto Preminger diceva le stesse cose nel 1950, ma con esiti enormemente superiori), ma è intavolato con pressappochismo e superficialità, tali da rendere i personaggi nulla più che figurine prestampate delle quali si sa o si immagina tutto. Billy è il detective afflitto dal vizio dell'alcol (non regge il peso della follia della metropoli?) che, dopo anni di bravate e un'esistenza borderline, trova serenità e fiducia in se stesso attraverso la donna amata da un lato e nel nuovo lavoro (paparazzo a pagamento) dall'altro. Il suo è un percorso di redenzione dei più convenzionali, privo di qualsiasi forma di originalità. Il Sindaco Nicholas, dal canto suo, non è nulla più e nulla meno del classico politico reazionario (passione per la caccia e le armi, maschilismo) che tenta di mascherare ampie sedimentazioni ideologiche conservatrici dietro la presunta complessità di un mondo spietato nel quale non c'è spazio per buonismi di ogni sorta.

L'analisi delle sequenze è forse il modo più efficace per mettere a fuoco la superficialità e la mediocrità della scrittura e della messa in scena di Broken City. Prendiamo la scena in cui Billy ricade nell'abisso della sua dipendenza dall'alcol: da cosa poteva scaturire se non dalla gelosia per la donna che ama(va)? Cosa c'era di più banale della fusione del pubblico col privato, del lavoro con la vita personale e dunque di spiare o credere di spiare la sua compagna impegnata a flirtare con un collega? La mostrazione di questo momento è, se possibile, un caduta di stile ancora più rumorosa: una serie di ralenti che riprendono da più angolazioni il fatidico primo bicchiere, con sottolineature di tragicità di ogni specie. Altro caso emblematico è la scena del pedinamento alla moglie del sindaco: dato per assodato che il personaggio è interpretato da Catherine Zeta-Jones e dunque non può sfuggire all'obbligo di essere una donna 'che la sa più lunga di tutti', questo non autorizza a rendere gli altri delle marionette senza qualità. In questa scena, soprattutto, non è ben chiaro quale sia il modello di riferimento, perché se questo è il noir, allora si è ben lontani dal rendere le note ambigue e oniriche dell'atmosfera del genere che film come Double Indemnity hanno fatto grande; se invece il modello è il più ludico Ocean's Eleven, allora anche in questo caso si è lontanissimi dalla raffinatezza e dall'ironia intrinseca nella realizzazione della trilogia di Soderbergh.​