Drammatico

BRICK

Titolo OriginaleBrick
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2005
Durata103'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Emily, una studentessa sparisce nel nulla. Il suo ex ragazzo Brendan, ancora innamorato di lei, si mette alla sua ricerca entrando a contatto con un losco ambiente.

RECENSIONI

I ragazzini ricchi e viziati di Beverly Hills giocano alla guerra. Una guerra senza esclusione di colpi: nel sottobosco delle grandi ville, dove genitori all'oscuro di tutto si preoccupano solo di servire succo d'arancia a chiunque capiti a tiro; sul retro delle scuole, dove un vice-preside è più inquisitore di un ispettore di polizia; nei campi sportivi, tra majorettes e campioni di baseball. Il film dell'esordiente Rian Johnson è sicuramente ben condotto e scompone un intricatissimo puzzle smontandolo pezzo dopo pezzo con indubbie capacità di raccordo. A convincere meno è la pretenziosità da noir con cui i giochi cominciano, procedono e vengono svelati. Tutti si prendono tremendamente sul serio e il taglio da rompicapo sofisticato, con ironia sottesa, mal si adatta con le facce acerbe e non sempre convincenti dei personaggi; sia il protagonista Joseph Gordon-Levitt (che il suo distacco sia inespressività?) che i tanti caratteri di contorno: la conturbante dark-lady, il capo supremo inarrivabile, l'energumeno, l'amico fidato. Per arrivare poi a un finale dove sono le parole a dover necessariamente spiegare l'intrico allo spettatore (si consiglia vivamente di prendere appunti) utilizzando lo stesso stratagemma narrativo del "sussurro" che ha fatto la fortuna di "Lost in translation". C'è un po' di "Twin Peaks", qualcosa di "Memento" e qualche bella idea di regia (una guerriglia tra bande resa unicamente attraverso i rumori prodotti dagli scontri ma mai esplicitato). Una musica dalle sonorità orientali crea la giusta atmosfera di ineluttabilità. A non reggere è la sospensione di incredulità, con il sorgere di troppe domande che non trovano risposta: perché le scuole sono sempre deserte? (più che una scelta stilistica sembra un limite del budget) Perché le famiglie sono così fuori da tutto?  Perché il protagonista prende botte a ripetizione senza fare una piega? Perché i personaggi sembrano marionette di un gioco in scatola?
Che il gioco, perché alla fine di gioco si tratta, sia tirato un po' troppo per le lunghe?

Ancora la provincia americana, ancora lerciume sotto l’ordinario squallore quotidiano. Brick è un decoroso esordio alla regia: lo scrittore Rian Johnson, ispirandosi alla letteratura gialla di Hammett, se si mettono da parte certi vezzi e virtuosismi formali without a cause, si dimostra, per il resto, piuttosto misurato nel condurre la narrazione: le indagini solitarie di un giovane innamorato che si improvvisa duro - smarcandosi tra spaccio, omicidi, pestaggi, femme fatale e vendette a catena - si muovono in un universo chiuso e con regole proprie. Il ragazzo, che affronta ogni nuova prova avvalendosi soltanto dell’aiuto di un suo amico, azzardando alleanze e doppi giochi, arriverà al fondo della verità non senza dolore. Non entra in scena un solo poliziotto in questo noir a più livelli (districarsi fra di essi non è sempre facile) dagli echi vagamente lynchiani (Velluto blu, Twin Peaks), il regista usando l’inconsueta ambientazione liceale con la sorniona consapevolezza di chi sa di mescolare filoni riconoscibili (il teen age movie, la detective story).
Il giovane cast è adeguato: vi spiccano Lukas Haas e il protagonista Joseph Gordon-Levitt, oramai ben più di una promessa.
Premio speciale della giuria al Sundance Film Festival 2005.