Horror, Western

BONE TOMAHAWK

Titolo OriginaleBone Tomahawk
NazioneU.S.A., Gran Bretagna
Anno Produzione2015
Durata132'
Sceneggiatura
Fotografia
Scenografia

TRAMA

America di fine Ottocento. La tranquillità di un piccolo villaggio viene sconvolta da un inquietante accadimento notturno: Samantha (infermiera), un criminale ferito e il giovane vice-sceriffo sono scomparsi nel nulla. A portarli via, si scopre presto, è stata una tribù di cavernicoli cannibali. Lo sceriffo e altri tre uomini, compreso il marito della donna, decidono di partire per ritrovare e trarre in salvo gli sventurati.

RECENSIONI

Il regista adorato è Sidney Lumet, e ama Takeshi Kitano così come Vittorio De Sica. Deve aver visto - e studiato - molto di John Carpenter, un poster prezioso in casa è quello di Rapina a mano armata di Kubrick. Per questo suo film d’esordio si è mosso quasi tra John Ford e Ruggero Deodato. Ma non è un regista collezionista, S. Craig Zahler (Miami, 1973), non un accumulatore ossessivo, onnivoro, di opposti e di meticci, di soli riferimenti cinematografici. È stato direttore della fotografia per film  altrui, e prima di passare alla regia c'è stata la scrittura, ha scritto romanzi di genere, ha composto testi e suonato in band metal (Realmbuilder, Charnel Valley), ha firmato la sceneggiatura di The Incident di Alexandre Courtès. Il suo ultimo film, Dragged Across Concrete, non potrebbe esistere, non potrebbe essere così, se non ci fosse stato Bone Tomahawk, più che - crediamo - Cell Block 99 - Nessuno può fermarmi.

John Carpenter, meraviglioso campione horror, ha affermato che tra i generi di riferimento principali per il suo cinema c'è il western; Robert Duvall una volta ha detto: "Ritengo che il western sia molto importante per gli Usa. Gli inglesi hanno Shakespeare, i francesi Molière, i russi Cechov, noi le grandi praterie e il western è nostro, è la nostra cultura". Horror  e western, i generi più americani d’America, i più politici. Nel 2015 un altro esordiente, lo scozzese John Maclean, anche lui musicista e fondatore dei gruppi musicali The Beta Band e The Aliens, dirige Slow West, tra ingenuo e giovane desiderio amoroso e le stelle;  Tarantino The Hateful Eight; S. Craig Zahler, nello stesso anno, nella sua opera di debutto posiziona il western tra il disincanto e lo splatter, con dialoghi che hanno l'intelligenza (e l'ironia magari) di Quentin ma non la sua forma, e con un cinema d'attitudine, già qui, profondamente classica, come lo è, per altre lontane vie, e più "direttamente", mettiamo, quella di James Gray. Questa è la grande capacità del regista.

Bone Tomahawk, allora (e lo saranno anche Cell Block 99 e Dragged Across Concrete) è un documentario d’America. La speranza è radiosa nella cittadina di Bright Hope, e a parte preparare zuppe di mais lo sceriffo (straordinario Kurt Russell tra quieta malinconia e intensa inespressività) non ha molto da fare; ma il buio della notte e la paura rovesciano tutto. Ad accompagnarlo nella difficilissima impresa saranno il suo anziano "vice di riserva" (un gigantesco Richard Jenkins), un marito disperato e con una gamba conciata molto male (Patrick Wilson) e un uomo vanesio e con un odio pronunciato per gli indiani, senza dimenticare i messicani (il Matthew Fox di Lost). Personaggi che sanno, almeno fino a un certo punto, a cosa vanno incontro. Eppure è un film smarrente, Bone Tomahawk, che li colloca dove dovrebbero essere e dove non dovrebbero essere, in un tempo tra il giorno e la notte che è sempre una minaccia.  Un film  lento, e lungo, e statico e teso, denso e sospeso insieme, un viaggio che non percorre sentieri e praterie del Sogno Americano ma identifica quattro uomini assai diversi tra loro, che mai avrebbero immaginato di ritrovarsi insieme. Ci sono rapinatori che tagliano gole, uomini «senza Dio» che squartano corpi umani e se ne cibano; armi da fuoco, frecce e tinture d’oppio; cimiteri involontariamente profanati e tombe che invece dicono dell’amore di una vita; cavalli che si lasciano portare via da nuovi padroni e cavalli leali e coraggiosi che resistono; solidarietà e crudeltà, ironia e sentimento, azioni e pause. Un film molto "maschile", di donne mogli e infermiere, o cieche e inoffensive se sono quelle del nemico, eppure acutamente antivirile. Un'opera di messa in scena precisissima e al contempo asciutta, un horror sporco di polvere e sangue; dilatato, crepuscolare, antieroico.  Un bellissimo film d'attori e di personaggi, di atmosfere e di senso perduto, un racconto lontano - da una terra che non esiste più - ma che guarda al presente, perché S. Craig Zahler (che cura anche le musiche, come nei film successivi, coadiuvato da Jeff Herriott) è un regista contemporaneo in un modo tutto suo. E se Cell Block 99 sarà un film straordinariamente agli antipodi di questo (ma non del tutto, in realtà),  vedere Dragged Across Concrete darà la conferma del valore di un regista che ai baffi di Mel Gibson - o di Kurt Russell, qui, nel film d’esordio - può consegnare verità imperscrutabili. Potenti. Finali.