TRAMA
Le vicende di un gruppo di amici che per nulla al mondo rinuncerebbe alla partita di calcetto del giovedì.
RECENSIONI
Sette uomini di generazioni diverse sono accomunati dalla stessa passione: il gioco del calcetto. Per non mancare all'appuntamento settimanale sarebbero disposti a tutto e sul campo sfogano frustrazioni, paure e aggressività, ma hanno anche modo di confrontarsi e rinsaldare l'amicizia. L'attività sportiva diventa quindi metafora di vita. Come sei sul campo, sei nel quotidiano. Basandosi su questo parallelo, non particolarmente originale ma efficace, Luca Lucini, già avvistato Tre metri sopra il cielo e alla ricerca de L'uomo perfetto, traduce per immagini l'omonimo romanzo di Fabio Bonifacci, qui in veste di sceneggiatore. Il risultato prova a dare voce al disagio di un campionario di varia umanità, ma l'ansia da commedia, e un bel po' di luoghi comuni, si limitano a grattare la superficie delle problematiche esposte. Peccato perché di spunti ce ne sono parecchi: la coppia con due figli piccoli alla ricerca della perduta intimità; il dirigente costretto a vendere l'azienda alla concorrenza; la ragazza fidanzatissima e innamorata, incinta però dell'amante occasionale; l'eterno conflitto tra sesso e amore. Il tutto rappresentato da una galleria di personaggi che non si discosta dall'aggettivo appioppato in fase di scrittura: l'avvocato senza scrupoli, il giovane introverso, il "panchinaro", lo sciroccato, il perfettino, l'esuberante, il papà a tempo pieno. Come in molto cinema italiano attuale, la gag finisce per inquinare forma e contenuto, riducendo gli sviluppi, sia drammatici che comici, a teatrini da sit-com, tanto simpatici sulla carta quanto prevedibili e incapaci di oltrepassare il piccolo perimetro dello schermo televisivo: se il tachicardico va in ospedale a curarlo è la ex moglie; se l'imprenditore cerca nuovi clienti ad aprirgli la porta è l'avversario pestato il giorno prima sul campo da calcetto; se lei è incinta di un altro, questi è il miglior amico del fidanzato; se lui cerca di risvegliare la sessualità sopita di lei attraverso un tortino alla marijuana, lei la stessa sera gli prepara a sorpresa un brodo al viagra. A peggiorare le cose una morale un po' maschilista che aleggia trasversale senza essere mai urlata ma nemmeno messa in discussione (e forse vero specchio dei tempi attuali): se nella coppia l'uomo decide di stare a casa con i figli e la donna di lavorare, i ruoli si invertono in blocco restando comunque punti di riferimento invalicabili. La donna finisce quindi per comportarsi da uomo, solo con un po' più di morbidezza, e l'uomo sottomette la sua ruvida virilità ai "nuovi" compiti, comunque muliebri; tra le righe, infatti, le "faccende" domestiche restano "affari di donne" che l'uomo scopre e affronta solo per necessità (ma davvero esistono ancora nelle giovani generazioni persone di sesso maschile che hanno bisogno di un "corso per casalinghi" per far funzionare una lavatrice o pulire i vetri?). Inneggiando ai sacri valori della famiglia, dell'amore e dell'amicizia i conflitti si appianano nel sorriso e nella comprensione reciproca, le distanze si accorciano, le bugie sono dette a fin di bene, i cattivi vengono allontanati e all'insegna del "crescete e moltiplicatevi" (altro must contemporaneo) tutto finisce a tarallucci e vino. Caso mai nell'interpretazione dei fatti qualcosa fosse sfuggito, cosa alquanto improbabile, ci pensa comunque la voce fuori campo a fugare ogni dubbio. Per fortuna questo avviene anche durante i match di calcetto perché lo sguardo da spot di Lucini, con la rapida successione di dettagli alternati a primi piani dei giocatori, fa tanto partita ma non aiuta a rendere chiare le dinamiche dell'azione. Nella scorrevolezza del risultato - grazie a un cast affiatato su cui svettano, anche per la maggiore incidenza dei relativi personaggi, Claudio Bisio e Filippo Nigro - prova a fare capolino l'aggettivo "carino", ma dura il breve tempo di qualche dialogo ben assestato.