Commedia

AMERICAN PIE 2

Titolo OriginaleAmerican Pie 2
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2001
Genere
Durata106'

TRAMA

Adolescenti arrapati prendono in affitto una casa al mare per trascorrere un’estate memorabile. Ma servono le ragazze…

RECENSIONI

Il fenomeno AMERICAN PIE, comprensibilmente incensato dal pubblico e sottovalutato dalla critica, arrivò in Italia differenziandosi dalla costellazione dei teenager-movies allo stampino: questo, partendo da una sacrosanta intuizione (la sessuomania/fobia dell'età adolescenziale), provocava genuino divertimento giocherellone, volgare giusto per le animelle ma univocamente irresistibile [l'innegabile scena-cult del primo episodio: la ragazzina rossa, inamidata, che confessa candidamente di utilizzare il suo flauto a scopo masturbatorio]. Nonostante la pioggia di difetti e la rozzezza di fondo del prodotto, che spogliato si riduce ad un fuoco di fila di macchiette su uno scacchiere di gag e caldure (il contrario di freddure, è il caso di dirlo), la ricetta dimostrava di funzionare scatenando vere e proprie manie [la frase di lancio, che paragone l'organo riproduttivo femminile ad una torta di mele, divenne un leitmotiv: qualcosa vorrà pur dire]; basti aggiungere che l'ovvia legge dell'inca$$o condannò il fenomeno ad un seguito e si avrà la pellicola di James B. Rogers, che sostituisce Paul Weitz dell'originale. Qui l'alchimia è presto smarrita, non vi sono nuovi personaggi e quelli vecchi si limitano a ripetere il rispettivo stereotipo a pappagallo (addirittura l'esilarante Finch, fottitore di altrui madri, non è più quello di una volta); questo non toglie l'intrinseco divertimento sollevato da alcune situazioni (l'incipit iniziale, la solita invadenza del padre di Jim), ma è un sorriso a quattro/cinque denti che odora di già visto. La pretestuosa narrazione non si diverte più a tratteggiare amabili porcelloni (che ormai di loro si sa già tutto dal primo episodio), ma si limita a vivacchiare su un quarto di ideuzza, ossia il mito della casa al mare affittata da un gruppo di amici. Il problema non è la non-trama, caratteristica della serie, ma il fatto che intorno vi sia stavolta un non-film: l'intuizione datata 9'9 imbocca il viale della telenovela a puntate, riducendosi alla semplice fotocopia che 'come sempre spoglia di pretese- si pone molto al di sotto anche del semplice intrattenimento; a questo proposito l'insulso terzo episodio giocherà goffamente a raschiare il fondo del barile, stavolta volgare per davvero. L'eroe indiscusso è il simpatico Jason Biggs, simbolico nell'incarnare lo zozzone che è in ognuno di noi; da lì a poco si rinnoverà al servizio di una comicità alleniana e misurata, intellettuale quasi, senza poter dare il meglio di sé.