Musicale, Recensione

ALL THAT JAZZ

TRAMA

Il coreografo Joe Gideon, sotto stress per l’allestimento di uno spettacolo, dedito a droghe e con una vita privata sregolata, è perseguitato da un angelo della Morte.

RECENSIONI

Delirante, agonizzante, narcisistico film autobiografico di Bob Fosse: passaggi di alto virtuosismo formale (montaggio strepitoso) inscenano, al contempo, coreografie meravigliose, immaginifici onirismi e il dramma angosciante e ponderato (ma anche tenero, divertente) di un artista travagliato. Raramente il cinema è riuscito, nella stessa ordinata confusione (all that jazz), a restituire le complesse, contraddittorie sezioni della mente e della vita di un’artista. Fu proprio in seguito a un collasso che Fosse decise di mettere in scena quest'opera, pervasa dal senso di morte come tutte le sue pellicole: si raffigura allo zenit della sua fase creativa, quando dirigeva Lenny al cinema e Chicago a Broadway. Ann Reinking praticamente interpreta se stessa mentre Leland Palmer è nel ruolo della sua ex-moglie Gwen Verdon. Uno stile che ricorda Fellini (8 ½) ma che deve anche molto, per colori, musicalità, biografia in eccessi lisergici e fantasia barocca, all’episodio circense del Lola Montes di Max Ophuls. La colonna sonora apre con “On Broadway” di George Benson e chiude con “Bye Bye love” degli Everly Brothers.