TRAMA
Santiago. Rachel festeggia il suo compleanno presso la famiglia dove lavora come cameriera e nella quale vive da vent’anni. Ma la sua salute è precaria…
RECENSIONI
Inscritta nel quadrato borghese di una famiglia cattolica che sa pregare per chi soffre, la domestica Rachel coltiva il suo rapporto tormentato con un mondo che ama e odia per la stessa ragione: è lunico che ha e non può rinunciarvi. Legata dunque coattivamente al nucleo che la ospita, la donna vuole affermare il diritto a starci alle sue condizioni: non rinuncia a simpatie e antipatie manifeste, non mette da parte una certa scontrosità, si impone non di rado, avanza anche qualche capriccio quando necessario; pur conscia del suo ruolo, vuole affermarsi nella casa che la ospita come un membro con diritti pari a quelli degli altri, non ammettendo intrusioni nel suo spazio, neanche quando la salute sembra costringerla a rinunciare al suo solitario e vacuo regnare ché le regole che ha assorbito, imponendole alla sua maniera, hanno finito per sincronizzare la vita della famiglia.
Unintegrazione e una benevola promiscuità tutte di apparenza: fin dallinizio quelli di Rachel con i membri della famiglia si palesano come legami fantasmatici e ambigui, pronti a dissiparsi non appena gli interessi in ballo cambiano di segno (la nuova collaboratrice viene fatta passare come un aiuto alla donna, ma risponde a logiche puramente funzionali).
Sfaccettato e enigmatico, Rachel è un personaggio che sostanzia la pellicola: un passato che non viene svelato, una famiglia lontana di cui non verremo a sapere niente, idiosincrasie spiccate, unumanità che si nasconde sotto la coriacea scorza fatta di passati rifiuti e di probabili porte chiuse in faccia.
Facendo ironica leva su luoghi quasi orrorifici (la persecuzione delle rivali, le fotografie con i volti cancellati violentemente, il sotterfugio che diviene maligna esclusione, i guanti di gomma indossati come se servissero a commettere un omicidio), tra echi surrealisti che fanno pensare a Bunuel (Diario di una cameriera) o a certo Ferreri (il simbolico indossare la maschera bestiale usata dai ragazzi), La nana (orrenda la titolazione italiana) è un film di taglio visivo semidocumentaristico che rimane quasi sempre rinchiuso nellovattato mondo borghese di riferimento, in cui il regista, che gira in digitale, con macchina a mano, montaggio ridotto allosso, dimostra mordente soprattutto nella prima parte, nella seconda accettando una dinamica più convenzionale (lammorbidirsi a seguito della relazione amicale, la scoperta dellaffetto disinteressato prima e del sesso poi) che si traduce in una sorta di rinascita sotto le vesti liberate di Lucy che, prima persona che le dimostra comprensione, indica alla protagonista un modo diverso di approcciarsi alla vita.
Candidato al Golden Globe come miglior film straniero, premiato al Sundance, riconoscimento come migliore attrice (Catalina Saavendra) al Torino Film Festival 2009.
